Il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier

“Scuse ai gay? Dio ci salvi dal politicamente corretto”, dice il card. Napier

Matteo Matzuzzi

Il porporato sudafricano risponde via Twitter al tedesco Marx.

Roma. Ancora prima che lo dicesse il Papa rispondendo a una domanda rivoltagli a bordo dell’aereo che lo riportava a Roma dall’Armenia, era stato il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, presidente della conferenza episcopale tedesca e stretto collaboratore sul fronte finanziario di Francesco – è coordinatore del Consiglio per l’economia – a sostenere l’esigenza di “chiedere scusa ai gay” (Francesco, nella sua risposta, aveva aggiunto anche “ai poveri, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro”). Il porporato bavarese era intervenuto a una conferenza organizzata presso il Trinity College di Dublino, in Irlanda. In quell’occasione aveva detto che “la storia degli omosessuali nelle nostre società è stata molto negativa, poiché abbiamo fatto molto per marginalizzarli”. Ecco perché “come chiesa e come società dobbiamo dire ‘mi dispiace, mi dispiace’”.

 

A giudizio di Marx, “dobbiamo rispettare le decisioni delle persone. Dobbiamo rispettarle, dissi nel primo Sinodo sulla famiglia, e alcuni rimasero scioccati. Ma io credo sia normale. Non si può affermare che una relazione tra un uomo e un uomo che sono reciprocamente fedeli non rappresenta nulla, che non ha valore”. Il cardinale tedesco si è smarcato persino da quanto sostenne, un anno fa, il cardinale segretario di stato, Pietro Parolin, all’indomani dell’approvazione tramite referendum delle nozze omosessuali in Irlanda. Parolin parlò di “sconfitta per l’umanità” e oggi Marx preferisce far cadere la questione: “Non commento gli altri, perché non è buona cosa”. A ogni modo, “lo stato secolare deve regolare le relazioni tra omosessuali e noi come chiesa non possiamo avere una posizione contraria”, anche se – ammette – “il matrimonio è un’altra cosa”.

 

“Dio c’aiuti!”, ha twittato subito il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo sudafricano di Durban, a chi gli chiedeva conto sul social network delle affermazioni del confratello tedesco: “La prossima volta dovremo chiedere scusa per aver insegnato che l’adulterio è un peccato! Il politicamente corretto è la più grande eresia di oggi”, ha scritto Napier. Quest’ultimo, francescano con fama tutt’altro che da conservatore – prima del Sinodo straordinario del 2014 era annoverato tra i cosiddetti progressisti, stando alle riduttive categorie mediatiche – era stato colui che dinanzi ai giornalisti aveva detto che la relatio post disceptationem letta in Aula dal cardinale ungherese Péter Erdo era in realtà stata scritta da Bruno Forte e che “non corrispondeva alla realtà” del dibattito che s’era effettivamente svolto.

 

Domenica sera, parlando con i giornalisi al suo seguito, Francesco era tornato sul tema: “Io ripeterò la stessa cosa che ho detto nel primo viaggio (sul volo di ritorno da Rio de Janeiro, nel 2013, ndr) e ripeto anche quello che dice il Catechismo della chiesa cattolica: che non vanno discriminati, che devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. Si possono condannare, non per motivi ideologici, ma per motivi – diciamo – di comportamento politico, certe manifestazioni un po’ troppo offensive per gli altri. Ma queste cose non c’entrano con il problema: se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? Dobbiamo accompagnare bene, secondo quello che dice il Catechismo. E’ chiaro il Catechismo!”. Niente di nuovo, dunque, se non la conferma di quel che è sempre stato. Il Papa ha però aggiunto una frase, che poca eco ha avuto: “La Chiesa deve chiedere scusa di non essersi comportata” bene “tante, tante volte, e quando dico chiesa intendo i cristiani. La chiesa è santa, i peccatori siamo noi”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.