Robert Spaemann, considerato il massimo filosofo tedesco cattolico contemporaneo (foto LaPresse)

Spaemann ad alzo zero contro il Papa: “Porta la chiesa allo scisma”

Matteo Matzuzzi
Robert Spaemann, considerato il massimo filosofo tedesco cattolico contemporaneo, amico di vecchia data di Joseph Ratzinger e suo coetaneo, vede tutto meno che continuità in Amoris laetitia, l’esortazione post sinodale firmata da Francesco lo scorso 19 marzo, festa di san Giuseppe e resa pubblica la settimana dopo Pasqua.

Roma. “Mi è difficile capire cosa il Papa intenda quando dice che nessuno può essere condannato per sempre. Che la chiesa non possa condannare nessuno, neppure eternamente – cosa che, grazie a Dio, non può neanche fare – è qualcosa di chiaro. Però, se si tratta di relazioni sessuali che contraddicono in modo oggettivo l’ordinamento di vita cristiano, vorrei davvero sapere dal Papa dopo quanto tempo e in quali circostanze una condotta oggettivamente peccaminosa diventi gradita a Dio”. Robert Spaemann, considerato il massimo filosofo tedesco cattolico contemporaneo, amico di vecchia data di Joseph Ratzinger e suo coetaneo, vede tutto meno che continuità in Amoris laetitia, l’esortazione post sinodale firmata da Francesco lo scorso 19 marzo, festa di san Giuseppe e resa pubblica la settimana dopo Pasqua. Per Spaemann, che ha rilasciato un’ampia intervista alla sezione in lingua tedesca di Catholic news agency, la rottura rispetto al magistero precedente è evidente, se a leggere il documento è “una persona capace di pensare”.

 

La critica del professore emerito della Ludwig-Maximilians Universität di Monaco di Baviera al ministero di Bergoglio viene da lontano e non è cosa nuova. Fin dal principio Spaemann aveva denunciato la distanza che lo separava dai predecessori, in particolare da Giovanni Paolo II: “Lo si era già visto quando lo canonizzò insieme a Giovanni XXIII, ritenendo per quest’ultimo superfluo il secondo miracolo, canonicamente invece richiesto. Sembrava che il Papa volesse relativizzare l’importanza di Giovanni Paolo II”. Un anno fa, in una conversazione con il quotidiano Herder Korrispondenz, aveva definito il Pontefice regnante come “uno dei più autocratici che si siano avuti da molto tempo a questa parte. Francesco – diceva l’intellettuale di Stoccarda – sottolinea che può intervenire direttamente in ogni diocesi del mondo. Ora i poteri del Papa sono enfatizzati in modo assai più forte. E nessun giornale si sconvolge. Se l’avesse fatto Benedetto, si sarebbero levate subito proteste”.

 

Al di là delle opinioni, Spaemann va al cuore di Amoris laetitia, che a suo giudizio è il capitolo ottavo, fin da subito considerato il più controverso e delicato del testo, al punto che i medesimi paragrafi sono stati interpretati in modo diametralmente opposto a seconda di chi fosse la persona che lo leggeva. Il resto dell’esortazione, spiega, può essere letto in continuità con il magistero tradizionale. Ma la continuità che si vorrebbe far emergere nel capitolo ottavo citando san Tommaso in qualche nota a piè di pagina, secondo il filosofo in realtà è smentita dall’emergere di quella “etica situazionale” già presente tra i gesuiti del Seicento. Il problema è che “qui si trascura il fatto che Tommaso riconosce l’esistenza di atti oggettivamente peccanimosi, per i quali non ammette alcuna eccezione”, e tra questi – dice ancora Spaemann – “vi sono anche le condotte sessuali disordinate”. “Non si può parlare dell’indissolubilità del matrimonio da una parte e dall’altra benedire una unione di secondo letto”, sottolineava all’Herder Korrispondenz.

 

Con queste premesse, l’intervistatore Anian Christoph Wimmer chiede quali saranno le conseguenze per la chiesa. Spaemann non ha dubbi: “Le conseguenze sono prevedibili. Incertezza e confusione, dalle conferenze episcopali al parroco nella giungla. Secondo quanto scritto in Amoris laetitia, le ‘circostanze attenuanti’ possono valere non solo per i divorziati risposati, ma per chiunque viva una ‘situazione irregolare’, senza che rinuncino alla propria condotta sessuale, cioè senza confessione né conversione”. Spaemann insiste sul caos, parla di disorientamento tra i sacerdoti e arriva a ipotizzare uno scisma che divida la cattolicità: “Il Papa avrebbe dovuto sapere che con un passo del genere avrebbe spaccato la chiesa, portandola verso uno scisma che non si verificherebbe in periferia, ma nel cuore stesso della chiesa. Dio non lo voglia!”. L’effetto che si otterrà sarà – aggiunge – opposto a quello che si era prefissato questo pontificato: “Dobbiamo aspettarci una spinta secolarizzatrice e un ulteriore calo del numero dei sacerdoti in molte parti del mondo. Si osserva infatti già da qualche tempo che i vescovi e le diocesi con una posizione chiara in materia di fede e morale hanno il più alto numero di vocazioni sacerdotali”. Invece, chiosa, il rischio è di vedere nominati “solo vescovi misericordiosi disposti a rendere più morbido l’ordine esistente”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.