Mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X

Il Papa riceve l'erede di Lefebvre, la fine dello scisma è dietro l'angolo

Matteo Matzuzzi
Confermata la notizia data dal Foglio. Verso l'istituzione di una prelatura ad hoc sul modello dell'Opus Dei

Roma. Venerdì scorso il Papa ha ricevuto in Vaticano mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, la comunità fondata nel 1970 da mons. Marcel Lefebvre. L’incontro, di cui il Foglio aveva dato conto sul proprio sito internet nella prima mattinata di ieri, è stato confermato all’ora di pranzo dal vicedirettore della Sala stampa vaticana, Greg Burke. Più tardi, un comunicato della Fraternità ha chiarito che la riunione è stata “informale” – per volontà di Francesco, chiariscono da Ecône – ed è durata quaranta minuti. Il Pontefice e Fellay hanno convenuto di proseguire il dialogo. Non è la prima volta che Francesco vede colui che dal 1991 è il successore di mons. Lefebvre, ma nella precedente occasione (risalente al 13 dicembre del 2013) s’era trattato di un breve saluto a Santa Marta, durante l’ora della cena. Stavolta sul tavolo c’era il destino del negoziato tra la Santa Sede e la Fraternità lefebvriana, che da più di un decennio prosegue tra alti e bassi, ottimismo alternato a brusche frenate. L’incontro, sottolineano fonti d’oltretevere, “è stato estremamente positivo” e l’intesa tra i due interlocutori è chiara. Un approccio che conferma la percorribilità della strada delineata da tempo: il ristabilimento della piena comunione della San Pio X con Roma attraverso l’istituzione di una prelatura ad hoc che garantirebbe ampia autonomia (non solo di carattere organizzativo) ai lefebvriani. Il modello su cui si ragiona – e che sarebbe già stato messo a punto – è quello dell’Opus Dei. Rimangono da superare gli scogli rappresentati da opposte resistenze, romane e franco-svizzere: da ambo le parti, infatti, vi è chi frena, tentando di ostacolare il percorso intrapreso. A ogni modo, la disponibilità c’è, frutto dei negoziati che hanno portato sia il segretario della commissione Ecclesia Dei, mons. Guido Pozzo – con il quale Fellay si è visto sabato 2 aprile – sia altri prelati inviati da Roma, a discutere in prima persona con la controparte. Sulla tempistica non vi sono certezze, ma essendo il Papa determinato a procedere, non si dovrebbe trattare di una lunga attesa.

 

Certo, i precedenti consigliano prudenza: ancora si ricorda, oltretevere, quanto accaduto nel 2012, quando la trattativa si arenò sul preambolo dottrinale in cui il Vaticano poneva come condizione indispensabile alla San Pio X l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero successivo. Preambolo che non ottenne una risposta adeguata, al punto che il negoziato subì una battuta d’arresto e il dossier rimase fermo fino all’arrivo di Francesco sul soglio petrino. Che il dialogo fosse a buon punto lo si era inteso dalla lunga intervista concessa da Fellay lo scorso mese di marzo al sito della Fraternità. In diversi passaggi, il Superiore si era mostrato ottimista circa l’esito positivo della vicenda: “Non mi stupirebbe – diceva – che (il Papa, ndr) ci considerasse come una di queste periferie alle quali dona palesemente la sua preferenza. E in quella prospettiva, usa l’espressione ‘compiere un percorso’ con la gente in periferia, sperando che si arriverà a migliorare le cose. Dunque non è una volontà ferma di risolvere subito: un percorso va dove va… ma, alla fine, è abbastanza calmo, tranquillo, senza troppo sapere ciò che potrà risultare. Probabilmente, è questa una delle ragioni più profonde”. E, ancora, “è chiaro che Papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere. Ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: ‘Non sono scismatici, sono cattolici’, anche se – puntualizzava osservando come i nodi siano ben lungi dall’essere tutti sciolti – ha usato un termine un po’ enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione. Questo termine ‘piena comunione’… sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. E’ un sentimento… è un non si sa troppo bene cosa”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.