L'incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca è previsto per oggi pomeriggio ora locale (la serata italiana)

Il Papa incontra Kirill, è la rivincita del profeta Soloviev

Matteo Matzuzzi

“E’ un miracolo, ma la Russia sempre più nazionalista ha dimenticato quel che ci potrebbe unire, da Florenskij a Bulgakov”. Parla padre Romano Scalfi. “E' un fatto straordinario, che non ci si aspettava, si può parlare di un grande miracolo, anche perché la situazione interna della chiesa russa sembrava la meno propizia a un accordo col Vaticano”.

Roma. Oggi, quando in Italia sarà già calata la sera, il Papa di Roma e il Patriarca di Mosca si incontreranno per la prima volta nella storia, in una saletta démodé dell’aeroporto internazionale “José Martí” dell’Avana, sotto lo sguardo radioso di Raúl Castro e delle icone dei santi laici revoluciónari. Due ore di colloquio riservato alla presenza dei soli interpreti, quindi la firma della dichiarazione congiunta, che si presume corposa. Ieri, imbarcandosi all’aeroporto di Vnukovo, Kirill ha detto che “sarà un viaggio lungo e difficile” e “richiederà forza fisica e spirituale”. “Secondo me è un fatto straordinario, che non ci si aspettava, si può parlare di un grande miracolo, anche perché ultimamente la situazione interna della chiesa russa sembrava la meno propizia a un accordo col Vaticano”, dice al Foglio padre Romano Scalfi, tra i fondatori di “Russia Cristiana”, l’associazione cattolica milanese sorta nel 1957 con l’intento di far conoscere in occidente le ricchezze della tradizione spirituale, culturale e liturgica dell’ortodossia russa, di favorire il dialogo ecumenico, di contribuire alla presenza cristiana in Russia e, al contempo, di dar voce ai testimoni del dissenso perseguitati in Unione sovietica. “Contagiati dalla grande euforia nazionalista, molti ortodossi russi credono a Putin che addìta tra i nemici del paese innanzitutto gli Stati Uniti e l’occidente in quanto tale, del quale fa parte anche la chiesa cattolica, che di conseguenza viene guardata con una certa antipatia. Ed ecco che in questa situazione inaspettatamente si avvera un incontro che ci apre nuove prospettive. La chiesa cattolica e quella ortodossa potranno fare un grande passo di avvicinamento”, sottolinea.

 

Certo, i problemi sul tavolo restano, ne sono la prova le varie puntualizzazioni  – prima fra tutte, le interferenze cattoliche nelle diocesi sottoposte alla giurisdizione del Patriarcato moscovita – che il metropolita Hilarion ha tenuto a rimarcare nella conferenza stampa con cui ha annunciato lo storico incontro, mostrando a tratti anche un po’ di freddezza: “Dobbiamo essere realisti, nella chiesa ortodossa russa oggi esistono varie tendenze con diverse sfumature: chi desidera veramente avvicinarsi ai cattolici, ponendo al centro l’eucaristia come essenziale punto di novità che già esiste in ciascuna delle due chiese, e che può realmente farci camminare verso l’unità. E chi, invece, inebriato dall’idea di Mosca Terza Roma, erede del potere mondiale, tende a sottolineare solo gli elementi negativi, elencando tutte le contraddizioni in essere. Non bisogna lasciarsi prendere dall’entusiasmo, ma neanche disperare”, dice padre Scalfi, che a 92 anni compiuti può dire di averne visti parecchi di avvicinamenti e allontanamenti tra oriente e occidente, come quello di fine anni Novanta, quando pareva vicino l’abbraccio tra Giovanni Paolo II e Alessio, in Ungheria o Austria: “Non è il rancore né il desiderio di imporre la ‘nostra giustizia’ che ci porteranno fuori dalla situazione, sarà piuttosto la certezza che la verità non è un nostro possesso geloso, ma è Cristo. Davanti alle accuse tradizionali mosse contro la chiesa di Roma, innanzitutto non bisogna accettare per buona una visione unilaterale. Né si può fondare il dialogo a partire da una menzogna, e su questo credere di costruire.  Eppure – aggiunge – alla base i rapporti con gli ortodossi sono davvero fraterni, come vediamo dall’esperienza del nostro Centro culturale a Mosca, dove con due cattolici collaborano una ventina di ortodossi, in perfetta armonia. Questa comprensione e stima reciproca hanno la possibilità di diffondersi dal basso, e già accade; perché non c’è niente che ci impedisca veramente di essere insieme”. Una delle pietre d’inciampo poste sul sentiero della riconciliazione è forse il riscoperto nazionalismo russo, che qualche problema ha causato anche alla linea più spirituale (e meno militante) di Kirill. “Il nazionalismo, come ogni nazionalismo che pensa solo alla grandezza della patria, ha bisogno innanzitutto di crearsi dei nemici da eliminare, condannare, disprezzare. Sin dagli anni Settanta il regime sovietico, ormai in fase discendente, aveva individuato nell’ortodossia la nuova ideologia per compattare il paese. Questa è stata la scelta strategica anche negli anni Duemila. Il governo oggi si impegna a costruire centinaia di chiese nelle periferie delle città ma tratta la chiesa come una sua ancella. Non solo, il nazionalismo oggi rivaluta il periodo sovietico; si dice da tutte le tribune che Stalin ha fatto grande la Russia, anche se ha ammazzato i suoi simili. Ma questa grandezza non ha niente a che vedere col cristianesimo, per il quale i massacri restano massacri. Questo nazionalismo è il vero ostacolo all’ecumenismo”, nota il fondatore di “Russia Cristiana”, che aggiunge: “Se anche per la chiesa il valore primario è la grandezza della nazione si arriva, come accade, ad esaltare persino la guerra santa, poiché esalta il valore della nazione. Si è disposti a sacrificare per essa persino la vita. Questi sentimenti oggi sono diffusi tra una parte di credenti, ma non è certo l’unica posizione e credo che il buonsenso alla fine avrà la meglio”.

 

Verrebbe da dire che l’incontro tra Francesco e Kirill dimostra tutta l’attualità del pensiero di Vladimir Soloviev, che già a fine Ottocento, nella Russia zarista, anticipava la rotta ecumenica contemporanea: “Soloviev fu profetico, perché secondo lui l’unità tra chiesa cattolica e ortodossa era possibile e necessaria già nel Diciannovesimo secolo; ha scritto delle pagine bellissime in proposito. Non a caso oggi di Soloviev in Russia si parla poco”, nota padre Romano Scalfi, che aggiunge: “Da quando è stata comunicata la notizia del prossimo incontro, a nessuno è venuto in mente di andare a riprendere i suoi scritti che indicavano questo come compito essenziale. D’altra parte, esiste nell’ortodossia una corrente molto interessante centrata sulla teologia eucaristica, che sottolinea l’unione già reale nell’unico sacramento celebrato dalle due chiese. Non è certo la corrente maggioritaria ma da quando la maggioranza ha avuto peso decisivo nella storia della chiesa?”, si domanda. “Attualmente – prosegue – la diplomazia ufficiale della chiesa ortodossa sembra propensa a tralasciare i problemi di sostanza per allearsi sulle questioni concrete. Ma tralasciare il fondamento è impossibile, perché in tal caso non riusciremo ad andare d’accordo neanche sulle cose concrete”. Guardando la questione da una prospettiva diversa, tutto cambia: “Ritengo invece che non ci sia niente di impossibile se puntiamo sull’eucaristia che è il punto di unità indiscutibile, indipendentemente dai nostri peccati e dalle nostre divisioni. Niente ci unisce come questo dono, neanche combattere insieme per difendere i cristiani, cosa di per sé positiva ma che non può essere quello che ci unirà. L’ecumenismo, come insegna Soloviev, dev’essere più fondamentale, puntare sulla fede  e sui sacramenti, se no è un’illusione”.

 

Guardare all’essenziale per ritrovare l’unità

 

Da sempre padre Scalfi sostiene che l’occidente ormai malato di relativismo avrebbe tutto da guadagnare dall’incontro con la Russia, realtà che però andrebbe prima capita. Discorso ancora valido, ma a patto di intendersi su ciò di cui si sta parlando: “La Russia ha dato un contributo inarrivabile alla cultura mondiale, e in particolare al pensiero cristiano, con pensatori del calibro di Soloviev, Berdjaev, Bulgakov, Frank. Era un pensiero di grande genialità nel cogliere il senso della storia e della realtà. Oggi la Russia stessa li ha dimenticati, sono del tutto ignorati dalla cultura ufficiale. Pensiamo, tanto per citarne uno, a Pavel Florenskij, il quale diceva che la verità si esprime come amore, e l’amore fiorisce in bellezza. Al giorno d’oggi, sarebbe una gran cosa riscoprire che la verità per essere tale dev’essere unita all’amore, ma di questo non si parla tanto. E dunque – sottolinea – il nostro relativismo occidentale e il culto della forza russo hanno oggi bisogno di tornare a confrontarsi con questo pensiero; entrambi abbiamo bisogno di rivedere le nostre posizioni. Alle nostre chiese, poi, tornare a riconoscere che, nonostante i torti reciproci di cui ci siamo macchiati nei secoli, apparteniamo alla stessa cristianità darebbe uno slancio missionario inaudito. In realtà ci sono tante cose che ci uniscono, e invece di accantonarle per concentrarci su tattiche politiche, dovremmo tornare all’essenziale. Bisogna avere il coraggio di guardare l’essenziale, solamente questo può unirci”. I motivi che hanno fatto accettare alle gerarchie di Mosca di incontrare (seppur in territorio neutrale, a migliaia di chilometri dall’Europa segnata da un millennio di scismi e guerre fratricide) il vertice supremo della chiesa romana sono “certamente di carattere politico e sociale”, commentra padre Scalfi: “Tutti li hanno enumerati. Questa non è una novità e pertanto non ci sorprende. E sarebbe ingenuo pensare che basterà questo incontro a cambiare i rapporti tra cattolici e ortodossi. Quello che possiamo dire, però, è che indubbiamente l’intenzione di Papa Francesco è spirituale, che vuole l’unità in nome di Cristo. Dunque l’incontro potrà essere l’inizio dell’avvicinamento, oppure ridursi a una formalità che nasconde dietro le apparenze un modo di sentire niente affatto ecumenico”.

 

[**Video_box_2**]Già venerdì scorso, il Patriarcato faceva notare che lo scopo principale dell’incontro sarà quello di fare il punto sulla situazione dei cristiani perseguitati nel vicino e medio oriente, nel tentativo di dare una risposta comune dinanzi all’avanzata dei jihadisti al soldo del cosiddetto Stato islamico. Eppure, esistono anche altri terreni su cui l’intesa è possibile, dice il nostro interlocutore: “Potremmo citare la difesa della famiglia tradizionale e altre questioni di ordine morale e pastorale. Ma non sono l’elemento ecumenico fondamentale, se non ci si basa su Cristo ci si illude”.

 

 

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.