Il Papa ha impartito la benedizione Urbi et orbi dalla loggia centrale della Basilica vaticana (LaPresse)

Il Papa all'Urbi et orbi: "Un pensiero ai fratelli perseguitati in nome della fede, nostri martiri d'oggi"

Matteo Matzuzzi
“Possano israeliani e palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere a un’intesa che permetta ai due popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni nell’intera regione”. E’ alla situazione nel vicino oriente che il Papa dedica la prima parte del Messaggio natalizio rivolto dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro.

Roma. “Possano israeliani e palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere a un’intesa che permetta ai due popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni nell’intera regione”. E’ alla situazione nel vicino e medio oriente che il Papa dedica la prima parte del Messaggio natalizio rivolto come di consueto dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, preludio alla Benedizione Urbi et Orbi, alla città e al mondo. “Dove nasce Dio, nasce la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace. E dove nasce la pace, non c’è più posto per l’odio e per la guerra. Eppure – ha aggiunto- proprio là dove è venuto al mondo il Figlio di Dio fatto carne, continuano tensioni e violenze e la pace rimane un dono da invocare e da costruire”. Ma non c’è solo la Terra Santa, nei pensieri di Francesco. Il conflitto siriano non può essere ignorato, e per questo arriva la supplica affinché “l’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi” e “a rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata”. E’ altrettanto urgente, ha sottolineato il Pontefice, “che l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese”. Un appello che vale anche per altri contesti di crisi, in modo che la “Comunità internazionale sia unanimemente rivolta a far cessare le atrocità che, sia in quei paesi come pure in Iraq, Yemen e nell’Africa subsahariana, tuttora mietono numerose vittime, causano immani sofferenze e non risparmiano neppure il patrimonio storico e culturale di interi popoli”. Il Papa accenna alle tensioni fomentate dal fondamentalismo quando dice che “il mio pensiero va a pure a quanti sono stati colpiti da efferate azioni terroristiche, particolarmente dalle recenti stragi avvenute nei cieli d’Egitto, a Beirut, a Parigi, Bamako e Tunisi”.

 

Infine, un pensiero “ai nostri fratelli perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, i nostri martiri d’oggi”: a loro – ha detto – “il Bambino Gesù doni consolazione e forza”. La richiesta di pace rivolta da Francesco si è estende anche alla Repubblica Democratica del Congo, al Burundi, al Sud Sudan, all’Ucraina. Infine – prima di ricordare “quanti non hanno lavoro” e “quanti hanno responsabilità pubbliche in campo politico ed economico”, il Pontefice ha speso parole per i migranti: “Non manchi il nostro conforto a quanti fuggono dalla miseria o dalla guerra, viaggiando in condizioni troppo spesso disumane e non di rado rischiando la vita. Siano ricompensati con abbondanti benedizioni quanti, singoli e Stati, si adoperano con generosità per soccorrere e accogliere i numerosi migranti e rifugiati, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso per sé e per i propri cari e ad integrarsi all’interno delle società che li ricevono”.

 

[**Video_box_2**]Nella messa della Notte, celebrata ieri sera nella Basilica vaticana, Francesco aveva preso spunto dalla Lettera di San Paolo a Tito per chiedere che tutti si impegnino a “rinnegare l’empietà e la ricchezza del mondo, per vivere con sobrietà, con giustizia e con pietà”. In una “società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo – ha osservato Bergoglio – “Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale”. C’è bisogno, ha aggiunto il Papa, “di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostri stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera”.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.