Papa Francesco davanti al Muro del pianto durante la sua visita in Terra Santa, nel 2014 (LaPresse)

Presentato il nuovo documento sul dialogo tra ebrei e cattolici: "Ancora molto da fare"

Matteo Matzuzzi
Il cardinale Koch: "Nessuna soluzione dottrinale definitiva". Il rabbino Rosen: "Non è menzionata la centralità di Israele"

Roma. Si è tenuta questa mattina, nella Sala stampa della Santa Sede, la presentazione del nuovo Documento della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, intitolata "Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili". Nel dettaglio, si tratta di riflessioni su diverse questioni teologiche attinenti alle relazioni cattolico-ebraiche in occasione del cinquantesimo anniversario del documento conciliare Nostra aetate. Il primo a prendere la parola è stato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani, che dopo aver ricordato il convegno tenuto lo scorso ottobre all'Università Gregoriana ha detto che "se è vero che nel corso della storia della Chiesa non sono mancate dichiarazioni ufficiali in merito all'ebraismo o alla convivenza tra cattolici ed ebrei, è altrettanto vero che Nostra aetate (n.4) presenta, per la prima volta, la decisa posizione teologica di un Concilio nei confronti dell'ebraismo. La dichiarazione – ha aggiunto Koch – ricorda espressamente le radici ebraiche del cristianesimo". Il documento di oggi è "esplicitamente teologico" e intende "riprendere e chiarire le questioni che sono affiorate negli ultimi decenni nel dialogo ebraico-cattolico". Il porporato svizzero ha voluto sottolineare che prima di questo testo "nessun altro documento di stampo teologico in senso stretto era stato pubblicato dalla nostra Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo". I precedenti, infatti, "riguardavano piuttosto tematiche concrete, utili al dialogo con l'ebraismo da un punto di vista essenzialmente pratico". Koch ha subito detto che questo "non è un documento ufficiale del Magistero della Chiesa cattolica", bensì di un "documento di studio il cui intento è quello di approfondire la dimensione teologica del dialogo ebraico-cristiano".

 

"Non si presentano affermazioni dottrinali definitive"

 

Nessuna volontà – è stato ribadito – di "presentare affermazioni dottrinali definitive". Il testo si divide in sette sezioni. Si comincia con l'impatto di Nostra aetate nel corso dell'ultimo mezzo secolo, quindi si menziona lo statuto teologico speciale del dialogo ebraico-cristiano. La terza e la quarta sezione si articolano attorno rispettivamente alla rivelazione nella storia come Parola di Dio nell'ebraismo e nel cristianesimo e alla relazione tra Antico e Nuovo Testamento e tra Antica e Nuova Alleanza. Si passa poi all'universalità della salvezza in Gesù Cristo e l'alleanza mai revocata di Dio con Israele. Le ultime due parti hanno a che fare con il mandato evangelizzatore della Chiesa in relazione all'ebraismo e gli obiettivi del dialogo con l'ebraismo. La sesta tematica è stata definita dal cardinale Koch "spinosa", anche perché ruota attorno all'interrogativo su quale debba essere l'atteggiamento dei cristiani sulla questione dell'evangelizzazione in relazione agli ebrei. Il documento risponde affermando che "La Chiesa deve comprendere l'evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell'unico Dio, in maniera diversa rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo. Ciò significa – si legge – concretamente che la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei". E "fermo restando questo rifiuto – per principio – di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah".

 

Ma è la settima sezione quella di maggiore interesse, dove sono enunciati "da un punto di vista cattolico", gli obiettivi del dialogo ebraico-cattolico, "mai espressi in un documento in modo così esplicito". Oltre ad affermare l'impegno comune a favore della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato e della riconciliazione in tutto il mondo; dell'imperativo di assistere i poveri, i deboli e i malati, il documento aggiunge che "nell'ambito della formazione delle giovani generazioni ci si dovrebbe sforzare di rendere noti i risultati e i progressi compiuti nel dialogo ebraico-cattolico". Di estremo rilievo quanto messo per iscritto sull'antisemitismo: "Un altro importante obiettivo nel dialogo ebraico-cattolico consiste nella lotta comune contro ogni manifestazione di discriminazione razziale verso gli ebrei e contro ogni forma di antisemitismo". Koch ha sottolineato come molto sia stato fatto, ma "soprattutto dal punto di vista teologico siamo solo a un nuovo inizio: molte questioni rimangono aperte e richiedono un ulteriore studio".

 

"Necessari nuovi impulsi al dialogo"

Padre Norber Hofmann, benedettino e segretario della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, ha ribadito che "il documento non intende assolutamente mettere un punto conclusivo a queste discussioni" e che "vuole essere uno stimolo al proseguimento e all'approfondimento della dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico". La Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo, ha aggiunto Hofmann, "si richiama all'obiettivo che lo stesso Papa Francesco si è posto, ovvero far sì che il dialogo ebraico-cattolico acquisisca una maggiore profondità e ampiezza dal punto di vista teologico". Uno dei motivi per cui il testo viene pubblicato ora è che "il dialogo teologico tra ebrei e cattolici deve ricevere nuovi impulsi".

 

Le parole del rabbino Rosen

Il rabbino David Rosen, presente alla conferenza stampa, pur lodando il documento, ha rilevato come non sembra essere menzionata "la centralità che la terra di Israele gioca nella vita religiosa storica e contemporanea del popolo ebraico". Il riferimento del documento allo stato delle minoranze religiose come cartina di tornasole riguardo la libertà religiosa – ha aggiunto Rosen – "è particolarmente pertinente in medio oriente oggi". Il riferimento è alla "situazione dei cristiani in Israele, in deciso contrasto con quello in molti altri luoghi nella regione". Tuttavia, "l'importanza delle relazioni tra ebrei e cristiani in Terra Santa è anche una cartina di tornasole del livello con cui Nostra aetate e il successivo insegnamento del Magistero sono recepiti in particolare dove i cristiani sono una minoranza e gli ebrei una maggioranza, e non viceversa". Qui, ha detto Rosen, "ancora molto lavoro a livello di istruzione deve essere fatto".

 

[**Video_box_2**]Ultimo a prendere la parola è stato Edward Kessler, direttore e fondatore del Woolf Institute di Cambridge. "E' chiaro che molte delle principali questioni divisive sono state eliminate o discusse fino a trovare una intesa. Gli sforzi dei cattolici riguardo il rispetto dell'ebraismo hanno raggiunto livelli che sarebbero stati impensabili mezzo secolo fa". Fondamentale, però, ha aggiunto Kessler, è non dire 'il lavoro è fatto. L'agenda è completata".

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.