Uno dei cippi della Via Crucis fatto rimuovere dal sindaco di Cenicientos perché "offensivo"

In Spagna si demoliscono le stazioni della Via crucis: “Offendono l'islam”

Matteo Matzuzzi
Qualche vecchio di Cenicientos, piccolo centro a un’ora e mezza d’auto da Madrid, deve aver pensato che il califfo Abu Bakr al Baghdadi fosse arrivato fin lì, nottetempo.

Roma. Qualche vecchio di Cenicientos, piccolo centro a un’ora e mezza d’auto da Madrid, deve aver pensato che il califfo Abu Bakr al Baghdadi fosse arrivato fin lì, nottetempo: la reconquista al contrario, con i mori cacciati secoli addietro dalla penisola iberica tornati per la vendetta finale. Era bastato uno sguardo, dopotutto, al brullo panorama cittadino: tutte le lapidi a ricordo delle stazioni della Via crucis di Cristo verso il Calvario erano state rimosse. A decidere la demolizione è stata l’alcaldesa Natalia Nuñez Jiménez, il sindaco socialista che appena entrato in carica ha deciso di impugnare la piccozza e di emulare i barbuti jihadisti bene attivi nella piana di Ninive. “Abbiamo preso in considerazione il significato che rivestono queste pietre e ciò che implicano”, ha spiegato Nuñez, concludendo che “oltre a essere una barriera architettonica, rappresentano una mancanza di rispetto per quei residenti che non professano alcuna religione o che professano la religione islamica”. Tutta gente che, ha aggiunto il sindaco, “va rispettata”. La parola d’ordine, insomma, diventa “neutralità”, una sorta di laïcité alla spagnola che s’abbatte sui simboli visibili del culto cattolico. Quelle pietre – stando alla definizione sprezzante del primo cittadino di Cenicientos – collegavano l’abitato al santuario di Nuestra Señora del Roble. Non avevano nulla di esteriormente riconducibile alla religione cristiana, neppure la croce: solo cippi con impressi i numeri romani delle stazioni. Non erano neppure state pagate con i soldi del comune, visto che a finanziarle (con soli tremila euro) era stata la Comunità madrilena nell’ambito di un più ampio progetto culturale. Dall’opposizione, i popolari locali lamentano che l’amministrazione municipale abbia agito senza consultare nessuno: “E’ preoccupante che ci si dedichi a eliminare i simboli religiosi dalle nostre strade. Non c’è nessuna ragione valida per farlo”. Il sindaco, ha detto il portavoce del Partito popolare, Hector Añover, “ha dimostrato che si tratta di motivi ideologici”. Siamo dinanzi, ha osservato, “al rifiuto di una confessione religiosa che non fa male, che rappresenta la maggioranza della popolazione di Cenicientos”. E’ una cosa “senza senso”, che si spiega solo con “il pesante anticattolicesimo del Partito socialista spagnolo”.

 

La diocesi di Getafe ha immediamente emesso un comunicato in cui chiede “rispetto per la libertà di culto”. Non si tratta – prosegue la nota – di discutere la legittima facoltà che spetta all’amministrazione comunale di ordinare lo spazio pubblico nella forma ritenuta più adatta. Il municipio è sovrano e può far quel che crede, a patto che rispetti “l’articolo 16 della Costituzione, che garantisce la parità per quanto attiene alla libertà ideologica, religiosa e di culto tra gli individui e le comunità”. Il vescovo della diocesi, mons. Joaquin López de Andújar, ha esortato a “non trasformare i sentimenti religiosi e i relativi simboli in oggetto di contesa politica”. A ogni modo, il presule ha detto di “condividere l’angoscia di tanti fedeli e cittadini che hanno visto alcuni simboli cristiani rimossi dallo spazio pubblico per il semplice fatto di essere cristiani”.

 

[**Video_box_2**]Il metodo usato dal sindaco Nuñez ricorda le campagne laiciste che da tempo si sono diffuse poco più a nord, nella Francia dove si dibatte sul destino delle chiese in disuso. Se a Madrid sono oggetto di discussione i cippi a memoria della Via crucis, a Tolosa c’è chi vuole perfino rimuovere dal gonfalone cittadino l’antica croce occitana, in quanto simbolo identificativo del cristianesimo.
 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.