Il Papa sui martiri etiopi: "Il loro sangue è testimonianza che grida per farsi sentire"
"Non fa alcuna differenza che le vittime siano cattolici, copti, ortodossi o protestanti. Il loro sangue è uno medesimo nella loro confessione di Cristo! Il sangue dei nostri fratelli e delle nostre sorelle cristiani è una testimonianza che grida per farsi sentire da tutti coloro che sanno ancora distinguere tra bene e male. E questo grido deve essere ascoltato soprattutto da coloro che hanno nelle mani il destino dei popoli".
Il Papa, ancora una volta, interviene a deplorare la persecuzione dei cristiani che ormai è una costante in Africa, vicino e medio oriente e in alcuni paesi dell'Asia centrale e orientale. Lo fa con una lettera inviata al Patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo d'Etiopia, Abuna Matthias, dopo aver appreso delle 28 esecuzioni (dodici decapitati e sedici finiti con un colpo di pistola alla nuca) praticate da alcuni miliziani legati allo Stato islamico, le cui immagini sono state diffuse in un video online.
"Mi rivolgo a Lei nella più sentita solidarietà, per assicurarla della mia vicinanza nella preghiera davanti al continuo martirio che viene inflitto in modo così crudele a cristiani in Africa, in Medio Oriente e in alcune regioni dell'Asia", ha scritto il Pontefice, aggiungendo che "quest'anno la nostra gioia (pasquale, ndr), che non viene mai meno è offuscata dal dolore".
L'ultimo "grido" di Francesco risaliva al Regina Coeli del Lunedì dell'Angelo. Salutando il Movimento Shalom, il Papa li aveva esortati a continuare nell'opera di "sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo". "Il vostro itinerario sulle strade è finito", osservava Bergoglio, "ma deve continuare da parte di tutti il cammino spirituale di preghiera intensa, di partecipazione concreta e di aiuto tangibile in difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani. Loro sono i nostri martiri di oggi, e sono tanti, possiamo dire che sono più numerosi che nei primi secoli. Auspico che la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la Comunità Internazionale non volga lo sguardo dall’altra parte".
Sul Cupolone non sventola più la bandiera bianca