Entro quarant'anni, il numero dei fedeli musulmani raggiungerà quello dei cristiani

Il sorpasso entro un secolo

Tra quarant'anni l'Europa secolarizzata sarà terra per atei

Matteo Matzuzzi
La popolazione mondiale crescerà, e aumenteranno anche i cristiani (ma a ritmo più lento). Decisivi gli indici di natalità, tutti a vantaggio delle popolazioni islamiche. Il cuore pulsante del cristianesimo si trasferirà nell’Africa subsahariana, dove vivranno quattro fedeli a Gesù su dieci. Il sorpasso avverrà entro la fine del secolo.

Roma. “E’ facile dimenticare la qualità globale della fede. Per molti secoli ha prevalso l’abitudine di pensare al cristianesimo come alla tradizione distintiva dell’Europa e dei suoi territori periferici ed ex colonie, in particolare delle Americhe”, scrive lo storico Philip Jenkins in “Chiesa globale, la nuova mappa”, un libro pubblicato qualche mese fa dalla Editrice missionaria italiana. “Ma già mille anni fa – aggiunge – il cristianesimo era transcontinentale, con centri fiorenti in Africa e in Asia non meno che in Europa. Antiche chiese continuavano a prosperare in Siria, in Iraq e in Etiopia, e probabilmente c’erano più cristiani in Asia che in Europa”. Sarebbe bene, insomma, che l’uomo occidentale lo capisse prima o poi, smettendo di pensare al cristianesimo come qualcosa di meramente europeo solo perché in quel continente ci sono le cattedrali gotiche che fanno a gara a quale è più alta.

 

Adesso è l’autorevole Pew Research Center a confermare la tesi di Jenkins. Già da un secolo, lentamente, i cristiani si stanno spostando verso il sud del pianeta e la deriva proseguirà almeno nei prossimi quattro decenni. Così dicono le proiezioni demografiche, i dati a disposizione, i numeri di fedeli e battesimi e circoncisioni nel globo. La buona notizia, per i cristiani, è che nel 2050 saranno più o meno quelli di adesso. Nessuna scomparsa, eventi tragici e decapitazioni di massa permettendo, è all’orizzonte. La cattiva, è che saranno sempre più incalzati dai musulmani, che se nel 2010 rappresentavano il ventitré percento della popolazione mondiale rispetto al trentuno dei cristiani, nel 2050 saranno il ventinove contro il trentuno.

 

[**Video_box_2**]Il sorpasso, insomma, è questione di tempo e inevitabile e si concretizzerà entro la fine del secolo. A cambiare, sarà il radicamento geografico (e quindi culturale) dei cristiani. Tra quarant’anni, solo il quindici per cento dei fedeli a Gesù presenti sulla Terra sarà europeo. Un secolo fa era il sessantasei per cento, cinque anni fa il venticinque. Il continente più secolarizzato continuerà ad assistere alla chiusura delle chiese, alla loro demolizione o al riadattamento delle navate e dei presbiteri in mercati ittici od ortofrutticoli. Il vero polmone della cristianità sarà l’Africa subsahariana: è lì che vivranno quattro cristiani su dieci. “Cinque delle maggiori popolazioni cristiane al mondo – in Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Tanzania, Etiopia e Uganda – saranno in Africa, si legge nel rapporto. Caleranno anche i cristiani in America del nord (passeranno dal dodici al dieci per cento) e, a sorpresa, anche quelli dell’America latina, anche se sarà lì che sarà radicata la seconda maggiore comunità cristiana sul pianeta. Nessuna impennata in Asia, nonostante dai tempi di Matteo Ricci si scommetta sull’oriente. Lo storico Andrea Riccardi sottolineava su questo giornale che “già negli anni Trenta si diceva che l’Asia rappresentava la sfida, poi le cose non sono andate avanti per il meglio”. Certo, c’è l’incognita cinese che potrebbe cambiare ogni prospettiva e proiezione a medio e lungo termine. Mettendo insieme i dati dei fedeli alla chiesa patriottica di Stato e quelli della comunità sotterranea perseguitata in comunione con Roma, e aggiungendo a essi i protestanti e gli ortodossi, la Cina potrebbe infatti essere il paese con più cristiani al mondo.

 

Più musulmani che ebrei negli Stati Uniti
Il dato più interessante riguarda l’impetuosa avanzata dell’islam, resa possibile dal grande numero di nascite e non, stavolta, dalle campagne paramilitari con la scimitarra sguainata. “Se le attuali tendenze demografiche continueranno”, scrive il Pew Research Center, “l’islam quasi raggiungerà il cristianesimo entro la metà del Ventunesimo secolo”. Tra il 2010 e il 2050, infatti, la popolazione mondiale è destinata a salire a più di nove miliardi (un incremento del trentacinque per cento). Nello stesso periodo “i musulmani – popolazioni più giovani con alti indici di natalità – dovrebbero crescere del settantatré per cento. Anche i cristiani sono destinati ad aumentare, ma più lentamente”. Il risultato è presto detto: “Nel 2050 ci saranno 2,8 miliardi di musulmani e 2,9 miliardi di cristiani”. Mai, nella storia – nota l’indagine – i due grandi credo avevano avuto quasi lo stesso numero di seguaci. E l’Europa, il continente dove sono stati martirizzati Pietro e Paolo, dove è nato il monachesimo occidentale, diverrà terra per gli agnostici, con una forte presenza di islamici (il dieci per cento, calcola il Pew Research Center). E in vista di tale prospettiva c’è chi s’è già portato avanti: il rettore Grande moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, presidente del Consiglio francese del culto musulmano, ha infatti chiesto di raddoppiare sul territorio nazionale il numero di moschee “entro due anni”, visto che “per i sette milioni di musulmani residenti in Francia” gli attuali centri di preghiera islamici “non sono sufficienti”. Non saranno immuni all’avanzata neppure gli Stati Uniti, avverte il dossier, benché con numeri di gran lunga meno imponenti rispetto all’Europa: i cristiani passeranno dal 78 per cento al sessantasei, mentre i musulmani saliranno dall’uno al due per cento. Ma quel che rileva, “è che in America ci saranno più islamici che ebrei”. Impensabile fino a qualche decennio fa.

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.