Bancomat story

Marianna Rizzini
La vicenda-leggenda della “banda del carroattrezzi” e la puntuale micro-guerra estiva della movida.

Non è proprio la stessa storia di “Ocean’s eleven”, il film di Steven Soderbergh con Brad Pitt e George Clooney (remake di “Colpo grosso”) in cui una banda ritrovata di professionisti della rapina si mette in testa di svaligiare contemporaneamente tre casinò di Las Vegas (e poi il piano si complica, tra tunnel sotterranei, esplosivi e caveau). E però anche Roma, nel suo piccolo, in questi giorni, si è fatta sottotraccia palcoscenico di una vicenda che potrebbe fare da canovaccio al prossimo filone hollywoodiano sui ladri ingegnosi. Trattasi del caso della “banda del carroattrezzi”, gruppo di rapinatori esperti nel furto di bancomat (principalmente a Roma e nel Lazio ma non solo, con bottino totale di 21 milioni di euro fino a ieri, giorno della cattura). La banda, che all’inizio del 2016 aveva intensificato l’attività, usava carroattrezzi rubati (e poi abbandonati) come testa d’ariete per “smurare” i bancomat, dopo aver effettuato sopralluoghi e aver attivato sul campo i vari basisti. I componenti operativi del gruppo – questo è emerso dall’indagine dei Carabinieri – potevano contare su una zona grigia: reticolo di parenti e amici in varie regioni d’Italia. Destino beffardo ha voluto però che ieri, giorno della cattura degli otto capi della banda, i romani che la mattina al bar sentivano parlare della vicenda (diventata ormai leggenda) “dei palazzi resi inagibili” dal colpo inferto dal carroattrezzi dei ladri, lanciato a tutta velocità contro i bancomat, fossero distratti dalla questione del sindaco Virginia Raggi, accusata di copia-e-incolla da un antico documento dei Verdi. Peccato veniale? Peccato totale? Deciderà il Tribunale della Rete.

 

La guerra del vetro. Puntuale come l’agosto, arriva d’estate la guerra della movida. Protagonisti, da un lato, i residenti dei quartieri ad alta densità di locali notturni, che lamentano non solo schiamazzi ma anche “battaglie del vetro” da parte di truppe ebbre e armate di bottiglie, dall’altro gli esercenti, pronti al ricorso al Tar. Oggetto: l’ordinanza anti-alcol, con divieto vendita bottiglie operativa da due giorni (non in tutti i municipi). Tra i litiganti, e tra uno scontro verbale e l’altro, c’è chi ha evocato il fantasma di Bologna, la città dove dieci anni fa un sindaco di sinistra, Sergio Cofferati, si guadagnò la medaglia (o l’etichetta, a seconda dei punti di vista) di “sceriffo” anche per via del pugno di ferro anti-alcolico. Era il 2006, le piazze bolognesi del centro pullulavano di studenti e turisti con bottiglia di vino o birra in mano, e Cofferati vietava la vendita di bibite in contenitore di vetro dopo le 21, contestato da fruitori ed esercenti. Nemesi vuole, però, che oggi a Roma proprio gli esercenti chiedano di  girare il divieto ai nuovi comprimari della micro-guerra della movida, i gestori di minimarket in stile “Londra-Est primi anni Duemila”, quelli aperti fino a notte fonda e quasi solo per vendita di vodka, gin, rum e vini discount: “Gli si vieti di tenere alcolici in frigo”, è l’inno di battaglia (intanto, a Trastevere, si organizzano per la controffensiva gli studenti americani, principali clienti dei minimarket: sono stati avvistati gruppi con buste stracolme di bottiglie, da mettere in frigo a casa propria, come atto di insubordinazione al proibizionismo parziale).

 

Munnezza-story (puntata della telenovela su rifiuti&cassonetti): mentre da Milano giunge il commercialista Alessandro Solidoro, scelto dalla giunta a Cinque Stelle per l’Ama, l’Anac di Raffaele Cantone apre l’istruttoria sugli appalti dell’Ama medesima. Si profila la mezza rivincita mediatica per il cosiddetto “monopolista delle discariche” Manlio Cerroni, già contestato ma forse in futuro richiamato come “male minore”. Dice Cantone al Messaggero: “…Cerroni aveva il pregio di essere in grado di risolvere il problema dei rifiuti nell’immediato. Ma se dipendi dalle discariche, hai sempre bisogno di farne altre o, come è avvenuto, di ampliarle a dismisura”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.