Guido Bertolaso (foto LaPresse)

Non solo selfie

Marianna Rizzini
I tavolini come categoria dello spirito, ile aste da selfie abusive, il tormentone Bertolaso sostituisce il tormentone Marino.

Tavolino selvaggio. Periodicamente, allo spuntare dei primi fiori, arriva la notizia del “blitz dei vigili contro il tavolino selvaggio”. Zone solitamente interessate: Trastevere, Pantheon, Piazza Navona, rione Monti, Campo de’ Fiori (dove però c’è spesso anche la speculare “emergenza blatte”: chi non ha l’emergenza tavolino selvaggio potrebbe avere l’emergenza blatte e viceversa). Ma la vera domanda è: davvero il romano è così esacerbato dalla presenza del tavolino selvaggio? Da esame empirico di un campione arbitrario ma significativo di casi, disomogeneo per età ed estrazione sociale, e lasciando perdere, in questa sede, la questione prettamente giuridica legata all’occupazione di suolo pubblico, risulta all’estensore di questa rubrica quanto segue: chi lamenta (unitamente agli schiamazzi notturni e al cosiddetto “degrado”) la presenza di tavolini selvaggi in una zona di Roma, è spesso anche colui il quale, in altra zona di Roma, lamenta l’impossibilità di trovare un posto che sia uno al tavolo di tale o talaltro bar (frase o ragionamento tipo: “Certo solo in Italia c’è una capitale in cui c’è la rissa per sedersi a prendere un caffè in piazza…”. Variante alla frase o al ragionamento tipo: “Certo solo in Italia c’è la lista d’attesa per due sgabelli all’aperitivo…”). Se ne deduce che l’emergenza “tavolino selvaggio” è una categoria dello spirito, e il codice civile nulla può contro la percezione soggettiva di questa sovrabbondanza che è anche mancanza.

 

Selfie. Di buon mattino, mercoledì 6 aprile, giunge la notizia che “2.500 aste da selfie sono state bloccate tra Colosseo e Vaticano”. Pare infatti che l’oggetto in questione sia diventato l’articolo più abusivamente venduto sui banchi degli ambulanti. Volendo, l’emergenza “asta da selfie” si può collegare alla sopracitata “emergenza tavolino selvaggio”: sono stati infatti avvistati turisti intenti a farsi foto con asta da selfie in mezzo a selve di tavolini selvaggi, con conseguenze disastrose: bicchieri rotti, gomiti in testa all’avventore seduto accanto, piccioni che rubano pezzi di cornetto dal piatto mentre il fotografo dilettante si distrae.

 

Suspense. “Ma Guido Bertolaso si ritira dalla corsa a sindaco oppure no?”, è l’interrogativo che ha sostituito il precedente tormentone “ma Ignazio Marino si candida oppure no?” (non si candida). C’è infatti, nella travagliata scalata al Campidoglio, un problema di sovraffollamento a destra (nel centrodestra). Il Corriere della Sera, a firma Francesco Verderami, ricostruisce il dilemma del candidato Bertolaso, specie nel rapporto con Silvio Berlusconi (e a un certo punto si profila addirittura la possibilità di un ritorno in Africa. Anche se non è Walter Veltroni).

 

Suspense 2. Ma Massimo D’Alema davvero non voterà Roberto Giachetti, candidato dem. (Breve riassunto dei fatti: Roberto Giachetti, candidato dem, va a “8 e mezzo”, su La7, e dice: “Normalmente sono disciplinato e voto per i candidati del mio partito, ma in questo caso mi prenderò un ulteriore momento di riflessione, perché non vedo un leader dalla caratura adatta ai problemi della città”. Risposta di Giachetti: “D’Alema non mi vota? Meglio così. Tanto dove c’è lui si perde sempre. Massimo, mi aiuti a tua insaputa”). E però, si legge su Repubblica edizione locale, molti sondaggisti individuano una zona dalemianamente e non dalemianamente “dubbiosa” di elettori di area Pd e limitrofe. Che cosa dovrà fare dunque Giachetti per convincere gli indecisi? Coprirsi a sinistra? Coprirsi al centro? Giocare sui nomi in lista? Continuare la “campagna d’ascolto per quartieri”  avviata durante le primarie per la candidatura a sindaco? Trasformarsi davvero, come paventato da lui stesso e da parte della satira, in “Jeeg Robbé” (dal Jeeg Robot del film, e dopo il tuffo metamorfico nel Tevere)?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.