Pier Paolo Pasolini

Come una bambola

Marianna Rizzini
In uscita il nuovo film di Pasolini interpratato da Massimo Ranieri. Una mostra dedicata a Barbie e una ai felini

PPP. “Potete distruggere la sua lapide, ma non riuscirete mai a cancellare la storia straordinaria di un grande intellettuale italiano. #Pasolini”, ha scritto ieri su Twitter il candidato a sindaco di Roma del centrosinistra Roberto Giachetti, nelle ore successive alla scoperta del danneggiamento del monumento al poeta all’Idroscalo di Ostia (a opera di estremisti di destra che si firmano “Militia”), nel luogo dove Pasolini fu assassinato la notte del 2 novembre 1975. E della morte di Pasolini si parla anche nei circoli cinephile cittadini, all’uscita del film di David Grieco (“La macchinazione”, con Pasolini interpretato da Massimo Ranieri). Si raccontano, nella pellicola, gli ultimi mesi di vita di PPP, mettendo sul piatto tutte le ipotesi (tragedia a fondo sessuale, giallo su “quel che sapeva” PPP a proposito di poteri forti petroliferi, nebbia sul furto dei negativi del suo ultimo film). La domanda cinephile non riguarda però il caso irrisolto, potendosi riassumere nell’interrogativo “ma Massimo Ranieri è adatto a interpretare il poeta?” (da sondaggio artigianale, i favorevoli sembrano più dei contrari). Il registra Grieco intanto ha spiegato così la genesi del film: “Ho conosciuto Pasolini quando ero molto giovane… Mi ha insegnato che la strada per arrivare a toccare con mano la verità è pensare con la propria testa e questo mi ha permesso di avere delle intuizioni ripercorrendo la sua vicenda…”.

 

La macchia d’olio inesistente. Esterno giorno, zona Vaticano, un tranquillo martedì di marzo. E però improvvisamente l’indolenza primaverile trascolora in inferno: pellegrini impauriti ovunque, macchine in quinta fila, clacson senza riposo, gente che, nel dubbio, scappa temendo attentati, gente scettica che prova a riprendere (invano) almeno il motorino. I turisti-pellegrini da Giubileo (spagnoli) chiedono “que pasa?” a un vigile spiccio (“incidente, incidente”), ma il mistero si infittisce, ché un uomo dell’Ama parla invece di “una o più buche”. Invece era (solo?) una macchia d’olio. Intanto la settimana dei candidati sindaci viene scandita da due eventi forse di nicchia: il voto “trasversale” della moglie di Guido Bertolaso – pare sia di sinistra – e il j’accuse dell’ex sindaco Ignazio Marino, che non ha sciolto la riserva (si candida o no? boh), ma intanto ha presentato “Un marziano a Roma” (ed. Feltrinelli), memoriale autoassolutorio-accusatorio (“il pianeta ci guarda”, ammonisce Marino).

 

Barbie sentinella. Piazza Venezia, Vittoriano, 15 aprile prossimo venturo. Arriva, come orda di sentinelle issate sull’Altare della patria, l’esercito delle Barbie: trattasi di mostra (“Barbie the Icon”) che da Milano scende a Roma per celebrare la bambola cinquantasettenne dalla casa sempre rosa e dagli abiti sempre diversi (e spesso, nella sua storia, ridisegnati da artisti e stilisti). E nella città in cui si parla di ratti, gabbiani, buche, candidature furibonde e macchie d’olio (vedi sopra), la bambola tanto vituperata dalle madri anni Settanta (come simbolo di vita consumista), torna come apostrofo rosa nella capitale dei veleni.

 

Veni, vidi, mici. Non è uno scherzo, è lo slogan della manifestazione (per la precisione mostra felina, in programma il 2 e 3 aprile alla Fiera di Roma) che più sta facendo arrabbiare gli animalisti (anche più delle poche, residue madri anti-Barbie). La mostra è, secondo i detrattori, “dannosa”, in quanto porterebbe “i visitatori all’acquisto di esemplari con pedigree con un danno inestimabile a tutti gli animali abbandonati”. Le parole definitive appartengono però alla deputata Michele Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana difesa animali. “Io stessa partecipo volentieri a ‘sfilate’ amatoriali, dove gli animali, spesso simpaticissimi meticci, sembrano divertirsi quasi quanto gli orgogliosi proprietari… Altro sono, però, le esposizioni organizzate a scopo di lucro…”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.