L'immagine twittata dal profilo ufficiale di Greenpeace

Greenpeace rovina le linee di Nazca per scrivere banalità sul clima

Piero Vietti

Come forse sapete in questi giorni a Lima, in Perù, c'è l'ennesima puntata dell'avvincente saga della lotta del mondo al clima che cambia. Promesse, impegni che rendono rispettabili ma sono difficili da rispettare, dati allarmanti e solito contorno di attivismo che fa tanto folklore e pace nel mondo. Non potevano mancare gli ambientalisti di Greenpeace, al solito in cerca di pubblicità con azioni spettacolari.

Come forse sapete in questi giorni a Lima, in Perù, c'è l'ennesima puntata dell'avvincente saga della lotta del mondo al clima che cambia. Promesse, impegni che rendono rispettabili ma sono difficili da rispettare, dati allarmanti e solito contorno di attivismo che fa tanto folklore e pace nel mondo. Non potevano mancare gli ambientalisti di Greenpeace, al solito in cerca di pubblicità con azioni tanto spettacolari quanto circensi. Negli anni ci hanno abituato a scalate vertiginose sulle centrali nucleari (e annessi striscioni), inseguimenti di baleniere, flash mob truculenti e molto altro.

 

Questa volta però l'hanno fatta fuori dal vaso.

 

Come riporta il Guardian, il Perù infatti ha deciso di denunciare gli attivisti di Greenpeace i quali avrebbero danneggiato le famose linee di Nazca (enormi figure raffiguranti creature viventi, piante stilizzate e figure immaginarie incise sulla superficie della terra tra i 1.500 e i 2.000 anni fa), lasciando le loro impronte nei paraggi (come si vede nella foto qua sotto). "E' uno schiaffo in faccia a ciò che i peruviani considerano sacro", ha detto Luis Jaime Castillo, vice ministro per la cultura, riferendosi ai famosi disegni incisi nel deserto sulle coste del Perù, un sito che fa parte del patrimonio mondiale delle Nazioni Unite.

 

 

Gli attivisti, scrive ancora il Guardian, sono entrati in una zona protetta in cui l'ingresso è severamente vietato, quella accanto alla figura di un colibrì, per scrivere a caratteri cubitali un messaggio destinato ai delegati dei 190 paesi radunati a Lima a produrre CO2 per parlare di come fermare le emissioni: "E' ora di cambiare! Il futuro è rinnovabile". A parte la profondità del messaggio, in Perù non l'hanno presa bene, e nelle stesse ore in cui gli ambientalisti si bullavano della loro impresa sul proprio sito internet, il governo minacciava azioni legali.

 

Danneggiare i monumenti archeologici in Perù è un reato punibile fino a sei anni di carcere. Ma poiché il politicamente corretto vuole sempre la sua parte, il viceministro si è affrettato a specificare che "il Perù non ha nulla contro il messaggio di Greenpeace, ma in questo caso il fine non giustifica i mezzi". In altre parole: va bene tutto, ma non esageriamo con le cazzate.

 

Spesso gli attivisti di Greenpeace hanno compiuto azioni che hanno avuto come conseguenza il loro arresto, ma normalmente erano "moralmente accettabili": scalare un reattore brutto, sporco e cattivo val bene qualche notte in galera, insomma. Chi li denunciava di solito era chi la pensava diversamente da loro, un "nemico" ideologico. Ma danneggiare siti archeologici che avevano resistito un paio di millenni prima dell'arrivo degli omini gialli amici dell'ambiente (guardatevi il video che hanno girato), otretutto per scrivere banalità, è davvero troppo.

 

AGGIORNAMENTO (18,30) Greenpeace sulla sua pagina Facebook assicura di non avere lasciato danni, e di avere compiuto l'azione sotto la supervisione di un non ben identificato archeologo. Il governo peruviano non sembra così convinto.

 

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.