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Parlare ancora di Ustica senza tirare in ballo il reato di depistaggio

Massimo Bordin

“Non vorrei che si tornasse a parlare di bomba. Parlare ancora di una bomba, dopo tante perizie e tante sentenze definitive la considero oggi una operazione di depistaggio e il depistaggio è divenuto anche un reato” ha dichiarato Daria Bonfietti

Non fa nessun piacere criticare Daria Bonfietti, per di più nei giorni dell’anniversario di Ustica, ma le sue parole, riportate ieri dalle agenzie di stampa meritano una analisi logica e inevitabilmente polemica. “Non vorrei che si tornasse a parlare di bomba. Parlare ancora di una bomba, dopo tante perizie e tante sentenze definitive la considero oggi una operazione di depistaggio e il depistaggio è divenuto anche un reato”.

 

L’analisi logico-politica necessita di una premessa: chi scrive ritiene assai più verosimile l’ipotesi dell’abbattimento in volo rispetto a quella della bomba. Non è questione di merito dunque ma di logica. Per esempio “dopo tante perizie e sentenze definitive” c’è ancora chi scrive che non è detto che Moro sia stato rapito a via Fani. Molti termini possono essere usati per qualificare ipotesi del genere ma nessuno ha parlato di depistaggio, probabilmente perché in presenza di una sentenza definitiva cosa mai si depisterebbe? Ma è proprio il ricorso al codice penale che inquieta di più, anche perché è infondato.

 

Facciamola breve. Il reato di depistaggio è stato sì inserito nel codice, ma non nella formula voluta dal comitato delle vittime della strage alla stazione di Bologna e dal suo presidente che, divenuto parlamentare, pretendeva di processare un cronista che desse spazio a ipotesi alternative a quelle di una inchiesta in corso. Un obbrobrio del genere nel codice non è entrato. La formulazione originaria è stata modificata. Evidentemente ne è rimasto l’alone.

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