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“Dobbiamo stare attenti a non estendere gli strumenti dell'antimafia alla corruzione"

Massimo Bordin

Perché è utile tenere a mente la presa di posizione di Pignatone su un tema molto presente non solo nel dibattito giuridico ma anche politico

Il diario di viaggio in Sicilia del barone Leopoldo Franchetti, che sarà anni dopo deputato liberale, risale al 1876 e documenta l’inchiesta sociologica condotta insieme all’amico Sidney Sonnino. Vicino alle posizioni della “destra storica”, Franchetti era però attento alla questione sociale e a quella meridionale. Nell’inchiesta si racconta la Sicilia quindici anni dopo la costituzione dello stato unitario.

 

Di quel diario si è parlato in un convegno nel quale hanno preso la parola l’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, l’ex vicepresidente del Csm Giovanni Verde e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, moderati da Luciano Violante. La tavola rotonda, preceduta da relazioni storiche di indubbio spessore, ha offerto spunti di interesse per quel che riguarda il dibattito di attualità su un tema specifico, l’applicazione della normativa antimafia ai reati di corruzione. Il procuratore Pignatone in particolare ha colto l’occasione per esprimersi in modo molto netto sulla questione cui aveva già dedicato più di un intervento scritto. Parlando a braccio è stato assai esplicito: “Dobbiamo stare attenti a non estendere gli strumenti dell’antimafia alla corruzione, già c’è qualcosa e può bastare”. Non si può tendere di più la corda delle leggi speciali senza fare danni allo stato di diritto. Questo il concetto, in sintesi. Pignatone, dialogando poi con l’ex procuratore Roberti, che conveniva con lui, ha aggiunto che l’ultimissima modifica fatta in materia “non causerà danni, perché perfettamente inutile”.

 

Non è inutile invece tenere a mente questa presa di posizione su un tema molto presente non solo nel dibattito giuridico ma anche politico.

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