La scarsa presenza di terroristi islamici in Italia rimette in discussione un caposaldo del pol. corr.

Intelligence, lingua e storia. Tre spiegazioni di Guido Olimpio

Guido Olimpio ha appena mandato in libreria un corposo libro intitolato “Terrorismi. Atlante mondiale del terrore” e mi è parso logico chiedergli come spiegasse la presenza tutto sommato scarsa del terrorismo islamico in Italia, anche rispetto a precedenti stagioni del terrorismo medio orientale che pure nel nostro paese non mancò di farsi sentire, come il libro documenta. La sua risposta, fondata su dati oggettivi, mi è parsa interessante con una coda però che rimette in discussione un caposaldo del politicamente corretto. Il primo step della spiegazione si basa su un dato che viene dall’intelligence: se si considera il numero dei foreign fighters, partiti per il jihad come parametro della forza in un paese del terrorismo fondamentalista, l’Italia è in fondo alla classifica. L’apporto di aspiranti martiri provenienti dall’Italia è pari a quello di Trinidad e Tobago, 130 in tutto. Siamo molto lontani da altri paesi europei, anche perché, secondo punto della spiegazione, in Italia non mancano quartieri metropolitani difficili ma siamo lontani dalla banlieue parigina o dalla Molenbeek brussellese. Il terzo elemento riguarda una fascia più ristretta delle menti deboli influenzabili dalla propaganda califfale, ma è un fatto che su internet inglese e francese sono largamente privilegiati dall’Isis rispetto all’italiano. Benissimo. Il problema nasce alla fine, come sempre. E’ innegabile che una ulteriore differenza con gli altri paesi europei l’Italia la segni con la possibilità di espellere i sospetti terroristi perché non godono della cittadinanza come i cittadini delle ex colonie di Sua Maestà britannica e della République. E Salvini lo sa.

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