La "sentenza Lorenzoni" può segnare l'ormai prossima battaglia sui vitalizi

Massimo Bordin

Il fatto che il Senato sia un organo costituzionale e al suo interno ci sia un sistema di regolazione sottoposto alle decisioni di un sinedrio interno all’istituzione, potrebbe complicare (e non poco) il facile populismo di Lega e M5s

Prepariamoci alla battaglia sui vitalizi che, con le recenti votazioni dei membri degli uffici di presidenza di Camera e Senato, vedrà protagonisti i 5 stelle e la Lega. La faccenda è però complicata e non sarà risolvibile con gli slogan. Tra gli esperti della questione si cita una sentenza della Corte costituzionale, la “sentenza Lorenzoni” datata 2017 che ha per oggetto la controversia fra il dipendente del Senato geometra Pietro Lorenzoni e gli uffici della camera alta che gli avevano negato un avanzamento di grado dovuto per la mansione svolta. Insomma una causa di lavoro fra le più classiche con una differenza rispetto a una normale azienda, anche statale. Il Senato è un organo costituzionale e al suo interno vige un sistema di regolazione non sottoposto alla legge ma alle decisioni di un sinedrio interno all’istituzione. La sentenza che riguarda il geometra, pur non dandogli ragione nel merito, istituisce un principio importante. L’autodichia, che è il termine col quale i giuristi definiscono l’autonomia di giudizio degli organi di presidenza delle camere, pesa fino a un certo punto. Per esempio vale sicuramente per i dipendenti ma non per i rapporti che l’istituzione intrattiene con terzi. In tal caso non si potrà prescindere dalla giustizia ordinaria. L’esempio che la sentenza propone è quello del sistema degli appalti dove, sostiene la sentenza della Consulta, l’autodichia deve trovare un limite, un paletto. In base a questa sentenza sarà inevitabile una pioggia di ricorsi, prevedibilmente accolti, di ex parlamentari o loro vedove, contro il taglio o l’abrogazione dei vitalizi loro concessi. Finirà nel nulla ma forse basterà il molto rumore.

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