Mario Mori (foto LaPresse)

"Frugare nella storia" con l'ennesimo processo a Mario Mori

Massimo Bordin

Riprende a Palermo il processo sulla cosiddetta trattativa. Dopo quattro assoluzioni, citare Kafka per parlare dell'accanimento contro l'ex generale è diventato banale

Riprende oggi a Palermo, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone il processo sulla cosiddetta trattativa e continuerà la sua fatica l’avvocato Basilio Milio che nella arringa che sta pronunciando difende il generale Mario Mori, che ha già difeso con successo di fronte a due tribunali e una sola Corte d’appello, perché per una assoluzione la procura nemmeno presentò ricorso. Sentenze divenute definitive, una delle quali con un ulteriore giudizio in Cassazione. Dunque si può dire che Mori è stato assolto da quattro collegi giudicanti per vicende che lo vedono di nuovo sul banco degli imputati a Palermo. Citare Franz Kafka diventa banale, anche perché l’accanimento non è frutto di un potere invisibile e oscuro ma nasce dal dissidio fra l’autorità dei pubblici ministeri e l’autonomia investigativa della polizia giudiziaria, questione tecnica sulla quale Kafka ha poco da dire. L’accusa a Mori, in sostanza, non è quella di aver aiutato i mafiosi, piuttosto è di non aver tenuto nel debito conto i pubblici ministeri. Per capire aiuta di più ricorrere a un genere letterario minore, ma non privo di fascino. Nel suo ultimo libro John le Carré immagina un processo contro gli uomini dell’intelligence inglese che a suo tempo avevano combattuto con successo quella sovietica. E a pagina 36 un suo personaggio spiega la faccenda così: “C’è un bel gruppo di pubblici ministeri che non vede l’ora di usare Windfall come un esempio di quello che succede quando il servizio procede a briglia sciolta. E dato che non riescono a mettere le mani su roba fresca, si accontentano di frugare nella Storia”. Chi sa se Mario Mori ha già letto “Un passato da spia”.

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