Foto LaPresse

In questa campagna elettorale c'è un'unica novità

Massimo Bordin

L’intreccio ormai tradizionale fra cronaca giudiziaria e politica, per la prima volta da molto tempo, non è più al centro della contesa

Si impugnano rosari e vangeli. Ricompaiono accenni di battaglie di strada da anni Settanta. Si importuna il capo dello stato per consultazioni, eventuali e comunque post elettorali, prima ancora che si sia votato. Più che dei programmi si discute dei retroscena. Succede di tutto nella campagna elettorale più pazza del mondo e si rischia di non accorgersi di una novità effettiva. L’intreccio ormai tradizionale fra cronaca giudiziaria e politica, per la prima volta da molto tempo, non è più al centro della contesa. Non che sia sparito ma siamo passati, quasi senza accorgercene, dagli inquisiti agli impresentabili. Lo slittamento semantico è significativo. L’impresentabilità prescinde dai risultati o dal procedere di una iniziativa giudiziaria. La nuova qualificazione dell’anatema poggia sulla carenza di indagini incalzanti su cui costruire una campagna efficace. Eppure le premesse erano state costruite. Ricordate il caso Consip? Quel che ne resta in concreto è solo una gravissima deviazione interna all’arma dei carabinieri, operata da alcuni degli investigatori. Infatti ne parla solo questo giornale. Il resto sono chiacchiere o minuzie, come l’ultima che vede protagonista il sindaco a 5 stelle di Bagheria, Patrizio Cinque, di cui la procura chiede il rinvio a giudizio per una storia di abusivismo che sembra un racconto di Camilleri. Delle iniziative giudiziarie verso esponenti politici, questa campagna elettorale ha dovuto sostanzialmente fare a meno. Il cambiamento è comunque inquietante. Il centro della campagna elettorale più che l’antipolitica è stato l’antiparlamentarismo. Un male antico, come ha ricordato ieri Paolo Mieli sul Corriere della Sera.

Di più su questi argomenti: