Il pm Antonino Di Matteo al processo sulla trattativa Stato-mafia che si tiene all'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo (foto LaPresse)

La suggestione complottista sulla Trattativa

Massimo Bordin

Una storia, suggestiva ma vera nel suo svolgimento, che non può dar vita a un processo ma che va confrontata con la requisitoria dei pm

Proviamo ad applicare uno schema tipico della suggestione complottista alla vicenda della trattativa stato-mafia seguendo il metodo applicato nella lunghissima requisitoria dei pm palermitani. Il punto di svolta delle stragi, sostiene il pm Di Matteo, è l’attentato di via D’Amelio. “La prima strage della seconda repubblica”, è stato detto nell’aula bunker dell’Ucciardone. E’ discutibile, anzi appare una forzatura, comunque contraddice una sentenza definitiva, ma mettiamo conto, per un attimo, che sia così. La strage avviene il 19 luglio 1992, una domenica. Tre giorni prima a Roma alcune persone vanno a cena insieme. Sono il senatore socialista Carlo Vizzini e tre magistrati palermitani in trasferta per interrogatori e faccende giudiziarie. Sono Gioacchino Natoli, Guido Lo Forte e Paolo Borsellino. Vizzini aveva una certa consuetudine con Lo Forte e Natoli, non con Borsellino con cui non era mai stato a cena. A tavola si parlò del dossier su mafia e appalti, consegnato in procura dal Ros di Mario Mori. Borsellino si accalorò sull’argomento, giorni prima aveva incontrato Mori e De Donno. Quel rapporto del Ros fu trasmesso da Giovanni Falcone, prima di lasciare la procura, al procuratore capo Giammanco. Due giorni dopo la strage la richiesta di archiviazione per quella indagine, presentata dal procuratore aggiunto Lo Forte e dal sostituto Roberto Scarpinato, fu vistata dal procuratore Giammanco e, ad agosto, il gip archiviò . Questa storia, suggestiva ma vera nel suo svolgimento, non può probabilmente dar vita a un processo ma confrontatela con tutto quello che hanno raccontato i pm nella loro requisitoria sulla “trattativa”.