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Qualche riflessione sulle liste elettorali

Massimo Bordin

Mentre i partiti si muovono nel buio a proposito dei collegi ecco che i pm candidati si eclissano

E’ almeno dai tempi di Mario e Silla che la composizione delle liste elettorali genera problemi e scatena polemiche. Nel caso delle prossime elezioni ci sono due elementi che vanno al di là delle sostituzioni dell’ultimo minuto, degli equilibri interni delle singole liste, delle modalità delle scelte. Tutte questioni comunque interessanti e indicative, va da sé.

 

Per esempio una qualche riflessione sulle parlamentarie del M5s va pur fatta. “Siamo gli unici che hanno fatto votare gli iscritti” hanno orgogliosamente annunciato i dirigenti pentastellati. Quando però si è chiesto loro in quanti avessero votato, il simpatico Di Battista ha risposto che il dato non aveva nessuna importanza e dunque non veniva svelato. E’ la dichiarazione più singolare che si è sentita ma in fondo nemmeno la più sgradevole.

 

Due sono piuttosto gli aspetti peculiari di questa tornata elettorale. I partiti si muovono nel buio a proposito dei collegi enormemente allargati nell’uninominale e del tutto nuovi per i listini proporzionali. Prendere le misure per i collegi sicuri è molto più difficile del solito. Per di più si vota con una scheda inedita, potenzialmente foriera di errori in quantità.

 

Infine c’è un dato che riguarda il rapporto fra politica e giustizia. Si è ristretto notevolmente il numero di magistrati che si candidano. A poche ore dalla chiusura sono solo tre, uno dei quali, Cosimo Ferri, è membro del governo. Gli altri due sono una giudice della Corte d’Appello di Roma, Giusi Bartolozzi, e un giudice di Treviso, Angelo Raffaele Mascolo. Nessun pm, nessuno impegnato in processi mediaticamente significativi. Un cambiamento da valutare.

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