LaPresse Torino/Archivio storico

Cosa ci dicono davvero le parole di Falcone su Berlusconi

Massimo Bordin

Più che danneggiare il Cavaliere, il ritrovamento induce a paragonare il modo di fare il magistrato di Falcone a quello di alcuni autoproclamati suoi eredi

“E adesso riemergono le parole di Falcone sui rapporti fra Berlusconi ed esponenti della mafia”. Si concludeva così ieri l’articolo di Salvo Palazzolo pubblicato con evidenza da Repubblica e dedicato al ritrovamento di un vecchio appunto del magistrato ucciso nel ’92. “Ritrovamento a orologeria. Attendibile come la seduta spiritica su via Gradoli” è stata la reazione dell’esponente del centro destra Gianfranco Rotondi. Calma. Non c’è motivo di pensare a un falso. Piuttosto, proprio la lapidaria conclusione dell’articolo può indurre in un equivoco il lettore. L’appunto di Giovanni Falcone ritrovato da chi cura le sue carte, è uno scritto. Le parole sono quelle del pentito Francesco Marino Mannoia, che il giudice siciliano sentì in gran segreto. E’ probabile che il pentito avesse parlato dello stalliere o forse di un pizzo pagato da Mediaset, ma il giudice non lo mise a verbale, evidentemente ritenendole notizie troppo generiche, da approfondire. Si limitò a un appunto e non ne parlò in giro. L’episodio viene fatto risalire al 1989. In un anno abbondante che Falcone trascorre ancora alla procura di Palermo non risultano altre sue iniziative in merito. Non resta che dedurne che non abbia trovato altri riscontri su contatti fra mafia e Berlusconi. Più che danneggiare il Cavaliere, il ritrovamento induce a paragonare il modo di fare il magistrato di Falcone a quello di alcuni autoproclamati suoi eredi. Il paragone risulta impietoso.

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