Il pm Antonino Di Matteo (foto LaPresse)

Cosa ci dice la collezione di cittadinanze onorarie di Di Matteo

Massimo Bordin

L'ultima, quella di Genova. Non c’è da stupirsi che siano pochi quelli che dissentono da quanto sta succedendo

Ieri pomeriggio il consiglio comunale di Genova ha votato all’unanimità il conferimento della cittadinanza onoraria al pubblico ministero Antonino Di Matteo. Genova non è certo il primo comune ad aver fatto questa scelta eppure Di Matteo non è un giudice ma un accusatore impegnato in un processo. La collezione di cittadinanze onorarie che sta mettendo insieme è sicuramente interpretabile come una inedita, innegabilmente originale e dunque letteralmente inaudita, pressione per sostenere la sua tesi processuale. Se si volesse azzardare una parafrasi di una definizione famosa, si potrebbe parlare di prosecuzione del processo con altri mezzi. Al potere della pubblica accusa si affianca il voto delle assemblee elettive, amplificato dai mezzi di comunicazione amici. Non c’è da stupirsi che siano pochi quelli che dissentono da quanto sta succedendo, ma una piccola riflessione sulla unanimità che caratterizza queste votazioni va pur fatta. Possibile che, in una rappresentanza variegata e autorevole come quella del comune di Genova, non ci sia stata una singola personalità politica (di sinistra, di destra o di centro) capace di far notare, con tutto il rispetto per il dottore Di Matteo e la massima considerazione della sua sicurezza, come l’iniziativa proposta dai grillini, che peraltro vedono in Di Matteo un possibile ministro di un loro futuro governo, appaia strumentale e discutibile? Un aggettivo più forte poi andrebbe usato per i consiglieri a cinque stelle che hanno creduto bene di innalzare un ritratto di Falcone, ma forse basterà citare Marcelle Padovani: Quello sulla trattativa è un processo che, su quelle basi, Falcone non avrebbe mai nemmeno iniziato.

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