Leoluca Orlando (foto LaPresse)

Cosa non ha capito il Pd sul "modello Palermo"

Massimo Bordin

In riferimento alle elezioni regionali siciliane, Ettore Rosato ha detto che il partito vorrebbe mettere in cantiere una alleanza come quella che ha portato di nuovo Leoluca Orlando a sindaco di Palermo, allargata dai centristi alla sinistra oltre il Pd

“Noi abbiamo scelto il ‘modello Palermo’”, ha detto ieri a Repubblica il capogruppo dei deputati del Pd Ettore Rosato, parlando delle elezioni regionali siciliane. Vuol dire una alleanza come quella che ha portato di nuovo Leoluca Orlando a sindaco di Palermo, allargata dai centristi alla sinistra oltre il Pd. Stavolta D’Alema e Bersani trovano però intollerabile la presenza di quelli di Alfano e propongono candidature e alleanze alternative. Rosato rimprovera l’arroccamento di Mdp ed è difficile non cogliere una logica nella sua critica. Piuttosto è la questione del “modello Palermo” che può far venire qualche dubbio, fondato sull’esperienza.

 

Il “modello Palermo”, dopo alcuni tentativi fatti nella Prima Repubblica, si è ufficializzato nel lessico politico nel 1993 con la prima trionfale elezione diretta di Orlando a sindaco. Pochi mesi dopo, alle politiche del 1994, sull’onda di quel trionfo, Orlando pretese di scegliere i candidati siciliani del centro sinistra, che perse, nazionalmente ma anche in Sicilia. Finiti i due mandati da sindaco, Orlando si candidò a governatore della regione ma fu battuto da Totò Cuffaro. L’esperienza dunque porta a pensare che in Sicilia il “modello Palermo” funzioni solo a Palermo. Difficile che il Pd non lo abbia messo nel conto ma forse l’obiettivo non è tanto vincere quanto evitare di arrivare terzi. Progetto che non merita un dibattito così accanito.