Marie Elena Boschi e Giuliano Pisapia alla Festa Metropolitana a Milano (foto LaPresse)

La differenza fra Pisapia e D'Alema

Massimo Bordin

Non sono gli abbracci il problema

Lasciamo perdere la polemica su abbracci e saluti che solo una stampa malata può mettere nella sua impaginazione fra i temi principali. Lasciamo perdere anche la questione della alleanza preventiva con il Pd da parte delle liste alla sua sinistra, perché la polemica avrebbe un senso solo se la legge elettorale venisse modificata con il premio di maggioranza dato alle coalizioni. Malgrado qualche ambiguità di Berlusconi non sembrano proprio esserci spazi, visto che Renzi si dice favorevole solo in caso di accordo anche di Grillo che però, ovviamente, vede la proposta come un attentato alle possibilità di vittoria del suo movimento, indisponibile a coalizzarsi. Dunque il problema, per quelli a sinistra del Pd, dovrebbe essere l’eventuale alleanza col Pd dopo il risultato. Per alcuni di loro il problema non si pone proprio. Rifondazione comunista, una parte di Sel e altri ancora non ne vogliono nemmeno sentire parlare. D’Alema e Bersani invece sarebbero disponibilissimi, ma a patto che dopo le elezioni, o addirittura prima se le regionali siciliane fossero disastrose per il Pd, Renzi non fosse più il segretario del partito. La differenza fra Pisapia e D’Alema sembra essere questa. L’ex sindaco di Milano, da quando ha cominciato a costruire il suo movimento, che non a caso si chiama “Insieme”, si è prefisso il compito di portare voti per un governo chiuso a destra ma guidato dal Pd e dal suo attuale segretario da poco rieletto. D’Alema vede le cose molto diversamente e mette al primo posto il cambio alla segreteria del Pd. Non sono gli abbracci il problema.

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