Giuliano Pisapia (foto LaPresse)

Rischi e opportunità della via a sinistra di Pisapia. Qual è però?

Massimo Bordin

“Non sarò la stampella di Renzi”. A furia di ripeterla è innegabile che un’affermazione di questo tipo finisca per assumere le sembianze della classica giustificazione. Non sappiamo dove andrà ma sicuramente lo farà mettendo le mani avanti

Qualcuno ricorderà l’apprendista giornalista Max Vinella, uno degli eroi della felice stagione arboriana di “Alto gradimento”. Geniale satira del cronista alle prime armi che per darsi un tono infilava una agghiacciante collana di luoghi comuni preceduti da un incipit retorico. Secondo il suo stile la rubrica di oggi potrebbe iniziare con un preoccupato interrogativo retorico: “Pisapia dove vai?”. Sui propositi elettorali dell’ex sindaco di Milano la stampa, specialmente Repubblica, si interroga da tempo e la risposta dell’interessato è sempre la stessa: “Non sarò la stampella di Renzi”. A furia di ripeterla è innegabile che un’affermazione di questo tipo finisca per assumere le sembianze della classica giustificazione. Non sappiamo dove andrà ma sicuramente lo farà mettendo le mani avanti. Eppure, sganciata dall’immagine del guardaroba, l’idea non sarebbe del tutto balzana. Una sinistra plurale ma non un’accozzaglia. Un modo di coagulare elettori a sinistra del Pd ma sicuramente restii ad aggregarsi ai Fassina e ai Ferrero e tantomeno al dottor Gribbels. Una scelta realisticamente consapevole della piega che le cose del mondo vanno prendendo e che però non intenda buttare a mare la propria identità politica. Non sarebbe assurda, eppure può diventare macchiettistica. Basta per esempio uscirsene con “essere di sinistra vuol dire stare con i lavoratori e non con Marchionne”. Non foss’altro perché con Marchionne i lavoratori sono tornati a lavorare mentre con quelli che c’erano prima, e che ora proclamano giulivi il loro voto per i Cinque stelle, le fabbriche avevano finito per chiudere.

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