L'effetto collaterale del "no" di Raggi alla questione "Olimpiadi capitale"

Massimo Bordin
E’ possibile che le sue argomentazioni siano state imprecise, forse addirittura fondate su dati falsi, come sostiene il presidente del Coni, ed è innegabile che la sindaca di Roma abbia gestito anche l’ultimo atto, per ora, della questione “Olimpiadi capitale” con il consueto pressappochismo affannato e un po’ cafone.

E’ possibile che le sue argomentazioni siano state imprecise, forse addirittura fondate su dati falsi, come sostiene il presidente del Coni, ed è innegabile che la sindaca di Roma abbia gestito anche l’ultimo atto, per ora, della questione “Olimpiadi capitale” con il consueto pressappochismo affannato e un po’ cafone. C’è un aspetto però che risulta decisivo rispetto alla legittimità e alla coerenza della scelta esplicitata, male, ieri da Virginia Raggi.

 

Il suo programma elettorale conteneva il chiaro rifiuto della candidatura di Roma alle Olimpiadi e gli elettori l’hanno praticamente votata in massa. I motivi del voto possono certo essere stati altri, ritenuti più importanti, ma Raggi ha tutto il diritto di tenere fede alle sue promesse elettorali. Il pronunciamento, perfino tardivo, della sindaca ha poi un curioso effetto collaterale: trasforma il referendum, proposto dai Radicali di Riccardo Magi contro le Olimpiadi, in una chiamata a raccolta dei favorevoli ai giochi perché diviene di fatto un referendum abrogativo. Ma è probabilmente un problema astratto perché a questo punto è molto difficile che il referendum si tenga.

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