I Radicali sono gli unici che vanno in galera solo quando decidono loro

Massimo Bordin
Quando hanno scelto un carcere, quello romano di Rebibbia, per il congresso del loro partito, i Radicali hanno sicuramente pensato a un luogo simbolico della loro iniziativa politica per la dignità dell’uomo, a cominciare da quello che si trova nelle peggiori condizioni, privato della sua libertà.

Quando hanno scelto un carcere, quello romano di Rebibbia, per il congresso del loro partito, i Radicali hanno sicuramente pensato a un luogo simbolico della loro iniziativa politica per la dignità dell’uomo, a cominciare da quello che si trova nelle peggiori condizioni, privato della sua libertà. E’ cosa nota a tutti, è banale perfino notarlo. Ma quando oggi pomeriggio cominceranno a mettersi in fila per accedere a un luogo congressuale oggettivamente fra i più scomodi, si potrà vedere una scena che plasticamente evocherà un altro aspetto simbolico sul quale meno si è portati a riflettere. I Radicali sono gli unici che vanno in galera solo quando decidono loro di andarci. Eppure non ne hanno mai menato vanto, non hanno mai proposto una loro superiorità morale come marchio politico per caratterizzarsi. Proprio questo probabilmente li ha tenuti al riparo dai rischi che la politica presenta sotto questo profilo. Chiedere il rispetto dello stato di diritto vuol dire preliminarmente rispettarlo e se si ritiene una legge ingiusta e dunque meritevole di violazione, i radicali sono gli unici a chiedere che la loro disobbedienza civile venga sanzionata. E se non avviene lo esigono. Questa pratica non è dovuta però a una tempra speciale ma a una teoria, liberale ma anche libertaria, intransigente ma anche tollerante, costruita da Pannella con le sue opere e con i suoi giorni, che ora sono finiti. Non resta che augurarsi che i Radicali sappiano nel loro congresso elaborare il lutto nel modo migliore. E’ difficile, però.

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