La polemica sul manifesto di Ferrandelli

Massimo Bordin
Dibattito palermitano a proposito di un manifesto che lancia una candidatura a sindaco. Le elezioni sono ancora abbastanza lontane ma Fabrizio Ferrandelli, vincitore squalificato delle primarie pd per le scorse elezioni comunali, ha iniziato la sua volata lunga con un manifesto dove la sua immagine a colori campeggia sopra quelle in bianco e nero di numerosi ex sindaci della città.

Dibattito palermitano a proposito di un manifesto che lancia una candidatura a sindaco. Le elezioni sono ancora abbastanza lontane ma Fabrizio Ferrandelli, vincitore squalificato delle primarie pd per le scorse elezioni comunali, ha iniziato la sua volata lunga con un manifesto dove la sua immagine a colori campeggia sopra quelle in bianco e nero di numerosi ex sindaci della città. La polemica nasce da una indignata protesta del figlio di Giuseppe Insalaco, democristiano che fu sindaco nel 1984. Durò un giorno più dei fatidici cento poi dovette dimettersi, dopo aver messo a nudo una serie di irregolarità nei più importanti appalti cittadini. La mafia non ha mai fretta e lo uccisero quattro anni dopo. Racconta la sua storia, non precisamente rettilinea ma proprio per questo indicativa, Bianca Stancanelli in un bel libro intitolato “La città marcia”. Il figlio di Insalaco protesta per l’immagine del padre associata nel manifesto a quelle di Lima e soprattutto di Vito Ciancimino, che tutti a Palermo ritengono il mandante dell’assassinio dell’ex sindaco malgrado mai sia stato processato per questo. Anche Ferrandelli però ha qualche ragione quando, pur dispiaciuto, fa notare che nel manifesto sono effigiati praticamente tutti i sindaci, molto diversi fra loro. Ne mancano solo due, si rammarica. Uno che governò per soli sedici giorni e un altro del quale “nonostante accurate ricerche” non si è riusciti a trovare nemmeno una foto. E qui forse sta il cuore del problema, perché l’uomo senza volto che ha governato una città la racconta più di qualsiasi omicidio.

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