Il meritato successo della fiction sul commisario Boris Giuliano

Massimo Bordin
I quasi quattro milioni e mezzo di spettatori della seconda puntata certificano il successo della fiction Rai sul commissario Boris Giuliano. Successo meritato, credo. Bravi gli attori, sobria ed essenziale la sceneggiatura.

I quasi quattro milioni e mezzo di spettatori della seconda puntata certificano il successo della fiction Rai sul commissario Boris Giuliano. Successo meritato, credo. Bravi gli attori, sobria ed essenziale la sceneggiatura, priva di eccessi retorici e suggestioni complottistiche che sono stati per anni i limiti di prodotti televisivi del genere. Per trovare la differenza col passato basta notare come per la prima volta la figura di Bruno Contrada, che lavorò strettamente al fianco del commissario poi ucciso da Bagarella, venga descritta come realmente è stata in quel drammatico periodo, ovvero di un poliziotto leale al suo amico e allo Stato. Due soltanto i passaggi discutibili. Il primo sta nella rappresentazione del procuratore capo Scaglione come un integerrimo magistrato. E’ spiacevole a dirsi, considerato che Scaglione fu ucciso dalla mafia, ma la sua rappresentazione – per esempio in un film di Francesco Rosi tratto da un libro di Sciascia e sceneggiato da Lino Jannuzzi – appare decisamente più problematica. Infine, il “mister x” mandante eccellente del sequestro del giornalista De Mauro, secondo la sentenza del processo svoltosi pochi anni fa non fu il pur misterioso avvocato Vito Guarrasi, come la fiction adombra, ma il senatore Dc Graziano Verzotto, secondo la ricostruzione della corte di Assise che ne raccolse la testimonianza praticamente sul letto di morte. La sentenza arriva a questa conclusione incrociando proprio la testimonianza di Verzotto con quella di altri testi a proposito di quella busta gialla che pure nella fiction viene significativamente inquadrata.  

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