La storia di Pino Maniaci, dove nessuno è onesto, nemmeno l'eroe

Massimo Bordin
A me Pino Maniaci non riesce a stare antipatico. Eppure l’intercettazione video che lo ritrae incassare denaro dal sindaco è indiscutibilmente disgustosa. L’antimafia certo ne esce a pezzi, ma quando era ben intera già Sciascia scrisse che non era un granché, e fu linciato.

Devo avere una “personalità negativa” e la cosa mi preoccupa perché la procura di Lodi, col consenso del gip, ha conferito l’altro ieri valenza penale a questa opinabile caratteristica che sono ormai certo di possedere. Ho la prova. A me Pino Maniaci non riesce a stare antipatico. Eppure l’intercettazione video che lo ritrae incassare denaro dal sindaco è indiscutibilmente disgustosa. Perfino troppo, e qui sta forse il problema. Maniaci, vestito come Tomas Milian nei film di “Monnezza”, sibila di indagini in corso e guai in arrivo. Il sindaco non ha preparato buste rigonfie, tanto meno valigette. Si limita a tirare fuori dal portafoglio qualche banconota e a prometterne poche altre. Più un’elemosina che una mazzetta. Forse il reato viene reiterato.

 

Dalle telefonate lo si sente dire: “Gli devo levare qualche altro cinquanta euro, così prendi qualcosa per i tuoi figli”. Lo dice a quella che, con un salto indietro nel tempo, i giornalisti con personalità positiva chiamano “l’amante”. L’antimafia certo ne esce a pezzi, ma quando era ben intera già Sciascia scrisse che non era un granché, e fu linciato. Eppure in tutto questo tempo Maniaci non è diventato deputato, membro del Csm, nemmeno consigliere comunale. E le sue denunce, innegabilmente successive alle indagini su di lui, sono state importanti. Finirà tutto in tribunale con l’antimafia della procura ad accusarlo e il dottore Ingroia, ora avvocato, a difenderlo. Uno spettacolo. Triste. Maniaci potrebbe essere, con quei baffi, quel fisico e la sigaretta fra le labbra, il protagonista di un romanzo di Dashell Hammet, dove nessuno è onesto, nemmeno l’eroe.

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