Chiunque, anche il peggiore in assoluto, può essere intervistato. Persino Riina jr

Massimo Bordin
In ogni caso va giudicato il prodotto. Proprio una intervista del genere può divenire un formidabile strumento per mostrare cosa sia il “sentire mafioso” e quanto sia esecrabile.

Il conformismo dell’anticonformismo è sgradevole. Questa è l’unica considerazione che mi teneva lontano dall’idea di occuparmi della querelle scatenata per l’intervista di Riina jr. a Porta a Porta. Poi la solita parola usata a sproposito, in commenti in teoria autorevoli come quello della presidente della commissione antimafia, mi ha fatto cambiare idea.

 

Dunque intervistare Riina jr. sarebbe “negazionista”. E perché mai? Lasciamo perdere la critica all’uso di un termine riservato ad altro. Il fatto è che qualsiasi persona, anche la peggiore in assoluto, può essere intervistata. Il problema sta nel risultato, che al 90 per cento dipende dal giornalista. In ogni caso va giudicato il prodotto. Proprio una intervista del genere può divenire un formidabile strumento per mostrare cosa sia il “sentire mafioso” e quanto sia esecrabile.

 

Il giovanotto ha detto che comunque di mafia non intende parlare? Sa benissimo che è impossibile. E’ figlio, fratello, nipote di mafiosi. La sua pretesa è irricevibile perché impossibile a realizzarsi. Piuttosto, la scelta del modo di parlarne sarà nelle mani del giornalista. E potrebbe venire fuori qualcosa di assai più sgradevole e perfino più pericoloso per la mafia di quanto possa essere una intervista a Rosi Bindi.