Il delirio attorno a un barcone

Massimo Bordin
Bastano un barcone e un mandato di cattura tunisino per scatenare urla da stadio tradotte in dichiarazioni politiche via agenzia. Salvini e Santanchè superano tutti chiedendo le dimissioni del ministro dell’Interno perché  la polizia ha catturato un ricercato.

Bastano un barcone e un mandato di cattura tunisino per scatenare urla da stadio tradotte in dichiarazioni politiche via agenzia. Salvini e Santanchè superano tutti chiedendo le dimissioni del ministro dell’Interno perché  la polizia ha catturato un ricercato. Una novità assoluta nella comunicazione politica e, nel suo piccolo, anche per questa rubrica che, per una volta, non riesce a trovare censurabile l’operato del ministro dell’Interno. Sulla base delle notizie di cui si dispone sarebbe consigliabile maggiore prudenza. Con tutto il rispetto per l’intelligence tunisina, vengono fuori testimonianze, non solo di familiari e amici, relative a una presenza in Italia del giovanotto marocchino all’epoca dell'attentato al museo di Tunisi. “La notizia è che è arrivato in Italia con un barcone” sostiene Ignazio La Russa. Vero, ma è improbabile che si sia servito dello stesso mezzo per andare e tornare dalla Tunisia in tempi brevi. E se aveva la possibilità di muoversi più agevolmente, perché mai avrebbe usato quello scomodo mezzo per arrivare in Italia? Per rischiare di affogare? Infine è forse utile ricordare che le autorità tunisine stanno procedendo nei confronti di circa 50 persone che ritengono coinvolte a vario titolo nell’attentato. La statistica proporrebbe prudenza. Per ora si sa che il giovanotto viveva coi genitori e con i suoi veri documenti. Può venire fuori dell’altro ma il clima che si è voluto subito creare non ha basi logiche.