Napolitano e la trattativa

Massimo Bordin

Radio radicale sta trasmettendo, e ha messo a disposizione di tutti sul suo sito radioradicale.it, l’audio della deposizione del presidente Giorgio Napolitano nel processo sulla cosiddetta trattativa. Il testo era noto da tempo e all’epoca fu diffusamente commentato.

    Radio radicale sta trasmettendo, e ha messo a disposizione di tutti sul suo sito radioradicale.it, l’audio della deposizione del presidente Giorgio Napolitano nel processo sulla cosiddetta trattativa. Il testo era noto da tempo e all’epoca fu diffusamente commentato. L’audio però ha un suo fascino e anche una sua utilità. L’arida trascrizione non rende il giusto peso delle parole e l’atmosfera. “Un tè all’ambasciata inglese” scriveva ieri sul Fatto quotidiano Daniela Ranieri, notando la differenza con certi interrogatori di testimoni, da lei visti su Rai3 in “Un giorno in pretura”, condotti da “avvocati carogne o scrupolosi pubblici ministeri”. Con Napolitano invece, chicchere e piattini. Il potere, fra stucchi e arazzi, rende suo suddito perfino il rito della giustizia. Letterariamente funziona, ma è solo letteratura. Dal punto di vista processuale la penna più brillante del Fatto non trova, “a rovinare l’atmosfera”, altro che le sconclusionate domande del pm Di Matteo sul black out a Palazzo Chigi, il 41 bis e le minacce ai vertici istituzionali, un fatto quest’ultimo già noto all’epoca. Peraltro l’atmosfera non si rovinò e lo stesso pm non incalzò il teste più di tanto. Se, invece di un drammatico squarcio nei segreti del potere, tutto si è risolto in un tè durato sei ore, non resta che pensare che l’oggetto della testimonianza fosse irrilevante o che lo scrupolo dei pm non fosse sostenuto da una adeguata conoscenza dei fatti e delle relazioni fra loro. Una spiegazione non esclude l’altra.