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il caso

“Non vogliamo giudicare le varie forme di maternità surrogata”, dice il foglio dei fedeli in chiesa

Pasquale Annicchino

La problematica Festa della mamma allargata spiegata a Messa ricorda "tutte le donne che, pur non avendo generato, hanno saputo essere madri"

Cerchiamo spesso spiegazioni in grandi teorie o in grandi pensatori vittime inconsapevoli di quello che Bourdieu ebbe a definire “pregiudizio scolastico”. Riteniamo ovvero che esista un valore intrinseco nelle produzioni scientifiche o culturali che leggiamo o studiamo, che esista un valore indiscutibile che debba necessariamente imporsi a ogni persona “culturalmente ragionevole”. Le produzioni culturali “secondarie” non sarebbero allora dotate di questo valore intrinseco. Ma è veramente così? O può invece accadere di rinvenire materiale di fondamentale importanza in pagine nascoste e in produzioni culturali non necessariamente à la page? Può allora apparire interessante andare all’ultima pagina di un foglietto per la messa distribuito in chiesa la scorsa domenica che con l’articolo “Un grazie a tutte le mamme, dono di vita e d’amore” intendeva celebrare la Festa della mamma dello scorso 14 maggio. Tra le righe di quel contributo è presente un passaggio che potrebbe contribuire a porre alcune domande fondamentali, forse ben oltre le intenzioni di chi lo ha scritto. E’ infatti possibile leggere: “Questa festa ci invita a difendere la maternità nella sua forma più vera, in un tempo in cui questa viene attaccata. Non vogliamo qui giudicare le varie forme di maternità surrogata, tantomeno chi fa questa scelta. Ma vogliamo dire e ribadire che mamma è innanzitutto colei che genera la vita (...)”

Prosegue il foglietto: “La festa della mamma ci invita anche a ricordare tutte le donne che, pur non avendo generato, hanno saputo essere madri. Come le molte donne che con l’adozione hanno saputo dare amore a figli nati da altre donne”. Si tratta di un passaggio notevole, considerato che lo troviamo su una fonte che viene diffusa nelle chiese italiane ed è quindi accessibile a tutti i fedeli. Eppure, più volte la Chiesa o suoi autorevoli rappresentanti si sono espressi sulla maternità surrogata e sul suo necessario inquadramento nel contesto attuale. Come ha scritto Francesco Occhetta, già autorevole membro del Collegio degli scrittori della rivista La Civiltà Cattolica: “Le domande antropologiche ed etiche che tale pratica apre toccano la radice del significato di vita, di corpo, del rapporto madre-figlio, di dignità, di memoria ma anche di dono e di reciprocità. Sembra che nel dibattito politico le categorie dell’umanesimo abbiano lasciato il posto a quelle del post umanesimo”. Del resto, alla fine dello scorso marzo, la Conferenza episcopale italiana aveva utilizzato parole chiare nel comunicato finale della sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente: “Forte preoccupazione è stata espressa per il crescente individualismo e per l’avanzare di visioni che rischiano di distorcere l’idea stessa di famiglia. Come sancito dalla Costituzione, infatti, la famiglia è e resta il pilastro della società, garanzia di prosperità e di futuro. Riconoscere l’istituto familiare nella sua originalità, unicità e complementarità significa tutelare, in primo luogo, i figli, che mai possono essere considerati un prodotto o l’oggetto di un pur comprensibile desiderio. In tal senso, molte persone ormai, pur con idealità diverse, riconoscono come inaccettabili pratiche che mercificano la donna e il nascituro”. Se la postmodernità è l’èra delle verità che rende sempre più difficile mantenere entro strutture di plausibilità le pretese di una Verità è forse significativo che proprio sul foglietto della messa domenicale sia oggi possibile rinvenire una dichiarazione di astensione dalla pronuncia di una Verità. Del resto, siamo abituati a un dibattito pubblico in cui si è sempre discusso di quanto la Chiesa o le religioni influenzino la sfera pubblica e mai abbastanza di quanto la cultura contemporanea influenzi dall’interno le stesse religioni. Siamo forse davanti a un insolito nastro di Möbius su cui appare difficile comprendere pienamente chi influenza chi. Anche nella letteratura della domenica della gente comune è possibile trovare elementi per una riflessione destinata a non esaurirsi a breve.

 

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