Tre proposte al governo per non darla vinta alla cultura della morte

Ferdinando Cancelli

Senza adeguati care giver nemmeno la migliore rete di assistenza domiciliare riesce a prendere in carico e a seguire i malati. Il progetto del network "Ditelo sui tetti" che riunisce oltre 90 associazioni: sostegno fiscale all’assistenza continua, riconoscimento della specialità dei caregiver e il potenziamento delle risorse per le cure palliative nel Ssn

A chi lavora nell’ambito delle cure palliative capita sempre più spesso di confrontarsi con malati a domicilio che non trovano nessuno che possa occuparsi di loro né tra i familiari né tra gli amici più stretti. Anni di sterile dibattito sospeso tra favorevoli all’eutanasia da un lato e fautori di un’assistenza integrale ai pazienti fragili e alle loro famiglie dall’altro pare aver del tutto dimenticato che senza adeguati care giver nemmeno la migliore rete di assistenza domiciliare riesce a prendere in carico e a seguire i malati. In direzione opposta e finalmente propositiva in tal senso va il progetto del network “Ditelo sui tetti” (dal versetto 27 del decimo capitolo del Vangelo di Matteo) che riunisce oltre 90 associazioni.

Nel pomeriggio del 7 dicembre una delegazione ha incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano e i ministri della Salute, del Welfare, di Famiglia e Natalità oltre al viceministro alle politiche sociali per illustrare alcune proposte in vista della legge di Stabilità 2023. E’ interessante ripercorrere sinteticamente il documento che qualche giorno prima era stato inviato dal network al governo. Tre sono le proposte fondamentali.

La prima è il sostegno fiscale all’assistenza continua (24 ore al giorno) ai più fragili rendendo “deducibili dall’imponibile” i costi per “assunzioni di personale preposto all’assistenza domiciliare di soggetti in situazioni patologiche invalidanti”. In tal modo i provvedimenti mirerebbero anche a “riconoscere la solidarietà naturale esistente” e a “valorizzare la relazione di prossimità” promuovendo la possibilità di essere seguiti a casa propria. In secondo luogo vi sarebbe il riconoscimento della specialità dei caregiver. Nel concreto, attraverso “l’attenzione fiscale riservata agli addetti all’assistenza” e la possibilità di rendere il ruolo di care giver “compatibile con altre occupazioni” che prevederebbero l’esclusività di impiego nei rapporti di lavoro dipendente o professionale”, l’obiettivo è quello di far si che il percorso di assistenza possa essere assunto dai familiari senza che questi perdano, ad esempio, l’anzianità contributiva del loro lavoro. Il terzo punto è il potenziamento delle risorse per le cure palliative nel Sistema sanitario nazionale, prevedendo entro il 30 gennaio 2023 un piano di potenziamento delle stesse da parte di ciascuna regione. I tre punti sono corredati, nella scheda che li presenta, da una serie di proposte tecnico-normative che, se recepite, andrebbero a modificare alcuni articoli di legge vigenti (come la legge 219 del 2017 o la legge 38 del 2010) allo scopo di raggiungere gli obiettivi assistenziali sopra descritti.

  
Il valore dell’iniziativa è, oltre che di proporre un modello di aiuto immediato per chi tra familiari e conoscenti vorrebbe prendersi cura di chi è malato gravemente, anche quello di prendere una strada diversa per fronteggiare l’avanzante cultura della morte. Creare le condizioni per restare a casa propria, seguiti dalle persone che ci vogliono bene, è una risposta più efficace dei fiumi di parole spese finora in dibattiti a senso unico che spesso vengono ascoltati solo dagli addetti ai lavori. Già oggi la realtà ci dice che la stragrande maggioranza delle persone non vuole essere aiutata a morire ma a vivere al meglio fino alla fine, ma se domani la realizzazione di questa volontà fosse davvero politicamente perseguita saremmo di fronte a una vera rivoluzione, professionale e umana, per il nostro paese.
 

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