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La deriva eutanasica del Canada, dove i poveri sono spinti a farsi da parte

Ferdinando Cancelli

Il caso canadese dimostra che sulla morte medicalmente assistita non incide solo l'autonomia personale. Ma anche ragioni prettamente economiche

Un’idea di quello che potrebbe succedere nel nostro paese qualora venisse approvata per la prima volta una legge che permetta la morte medicalmente assistita ce la fornisce un ricercatore di Oxford, Yuan Yi Zhu, in un articolo pubblicato il 30 aprile sul settimanale inglese Spectator. “Perché il Canada sta eutanasizzando i poveri” potrebbe essere la traduzione del titolo del lavoro, minuziosamente documentato da link che permettono di approfondire ogni affermazione dell’autore con i documenti citati.

A dispetto di chi continua a ripetere che il temuto “piano inclinato” (slippery slope) verso derive inquietanti è puro effetto della fantasia di fanatici conservatori, il percorso legislativo del Canada mostra esattamente il contrario. Sono numerosi i casi di pazienti non più in grado di sopperire alle crescenti spese mediche che, con vari pretesti, sono stati spinti dai loro “curanti” a “farsi da parte”. All’inizio, nel 2016, doveva essere presente una “ragionevole previsione” di morte naturale per richiedere la “Medical Assistence in Dying” (Maid). Adesso, con l’introduzione del Bill C-7 che diventerà effettivo nel marzo 2023, sarà sufficiente una malattia o una disabilità che una persona consideri “inaccettabile”.

Yuan Yi Zhu sottolinea come il Canada sia uno dei paesi che ha la spesa sociale più bassa tra quelli industrializzati, tra le più lunghe liste d’attesa medica nel sistema sanitario pubblico e, a dispetto del fatto che sia stato uno dei paesi che le ha viste nascere, uno degli stati dove le cure palliative stanno soffrendo maggiormente per scarsa organizzazione. Già nel 2020, scrive l’autore, era chiaro che promuovere la morte medicalmente assistita avrebbe fatto risparmiare molti soldi ad un paese evidentemente in grande sofferenza anche culturale. I dati sono quelli del rapporto “Stima dei costi per la morte medicalmente assistita” dell’Office of the Parliamentary Budget Officer, l’ufficio incaricato dal parlamento per l’analisi economica e finanziaria dei provvedimenti di legge (il documento è leggibile in inglese online).

Con la legge attuale, il Bill C-14, già si risparmiano 86,9 milioni di dollari canadesi all’anno grazie alla morte prematura mediante suicidio assistito di chi invece avrebbe dovuto essere curato, magari a lungo, a carico dello stato. Ma il vero “salto di qualità” si farà nel 2023 con il Bill C-7: vi sarà un ulteriore risparmio di 62 milioni di dollari all’anno. E grazie a che cosa? Grazie al fatto che anche chi sarà affetto da una malattia psichiatrica potrà chiedere di essere aiutato a morire piuttosto che di essere ulteriormente curato. Yuan Yi Zhu cita uno studio pubblicato il 4 aprile scorso sul “Canadian Medical Association Journal”, il giornale dell’associazione medica canadese. Sono pochi i paesi al mondo dove questo è possibile, tra di essi l’Olanda dove la morte medicalmente assistita per “sofferenza psichica irrimediabile” è regolata per legge dal 2002 e dove nell’ultimo decennio i casi sono nettamente aumentati (erano 2 nel 2010, sono stati 88 nel 2020). L’inquietudine che l’articolo mette in luce è palese: il paziente psichiatrico dovrebbe per legge essere “competente” per formulare la propria richiesta di morte ma non si sa bene quanto lo potrà essere. La sofferenza “insopportabile e irrimediabile” dovrebbe essere un concetto “prospettico”, cioè valutato nel tempo, ma l’esperienza olandese dice che la valutazione è solo “retrospettiva”, basata ad esempio sui trattamenti che in passato non hanno funzionato. Medico e paziente dovrebbero “concordare” che non ci sono alternative di trattamento ma chi potrà essere certo che la fiducia del paziente incontri la retta coscienza del medico?

Sempre più spesso, sia in ambito politico che bioetico, ci si lascia andare a considerazioni ideologiche senza citare dati scientifici esatti e riferimenti fondati in letteratura. In questo caso è diverso: chi vorrà sostenere che la morte medicalmente assistita è solo un regalo fatto all’autonomia di una persona avrà l’onere della prova. Dovrà dimostrare che le ragioni economiche non c’entrano nulla, e dovrà farlo dati alla mano.

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