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Mater semper certa. La Cassazione tedesca mette un punto sull'utero in affitto

Daniel Mosseri

La Germania non prevede la pratica dell’utero in affitto: è madre chi partorisce il bambino. L'opzione adozione

Berlino. La Cassazione tedesca ha infilato un sassolino nell’ingranaggio delle cliniche (soprattutto ucraine) per la fertilità. Al pari degli altri paesi europei, la Germania non prevede la pratica dell’utero in affitto e le coppie tedesche in cerca di una gravidanza surrogata chiedono aiuto a cliniche della fertilità a Kiev e dintorni. A una di queste si è anche rivolta una coppia tedesca. Usando un ovocita di lei e lo sperma di lui, la coppia ha trovato una giovane donna che a dicembre 2015 ha portato a termine la gravidanza. Tornati dopo il parto con il bebè nella Repubblica federale, i due si sono presentati all’anagrafe per la registrazione del neonato. All’inizio le autorità hanno registrato i novelli genitori come “padre” e “madre” sulla base di un certificato di nascita ucraino. La Cassazione ha fra l’altro rilevato che la paternità non è mai stata messa in dubbio: l’uomo aveva pre-riconosciuto il nascituro con il consenso della madre surrogata davanti all’ambasciata tedesca nella capitale ucraina. I problemi sono sorti quando l’anagrafe ha appreso che il neonato era venuto al mondo dal grembo di un’altra donna: circostanza rivelata dalla trascrizione dell’estratto dell’atto di nascita richiesto dalla stessa ambasciata tedesca a Kiev. I funzionari tedeschi hanno quindi cancellato il nome della madre tedesca e iscritto quello della donna che aveva partorito a Kiev, applicando l’antica locuzione mater semper certa.

 

La coppia è a quel punto ricorsa a un giudice: ne è nata una questione risolta in appello dall’Oberlandsgericht di Düsseldorf che ha respinto il reclamo. Alla questione ha poi messo un punto fermo la Cassazione (Bundesgerichtshof). La madre è e resta la donna che ha partorito il bebè, hanno stabilito gli ermellini tedeschi, ma la mamma biologica è libera di adottare il pargolo. E non si tratta di una decisione salomonica ma dell’applicazione della legge tedesca, secondo cui è madre chi dà alla luce un pargolo, non chi dona la cellula-uovo, pratica peraltro illegale in Germania.

 

Per far valere le proprie ragioni su quella della donna (supponiamo ucraina) riconosciuta quale madre dalla legge tedesca, la coppia aveva opposto la legalità della procedura da loro seguita. In Ucraina l’utero in affitto è regolato per legge e le autorità di quel paese ci riconoscono come madre e padre, avevano argomentato i ricorrenti. Per i giudici della Corte federale di giustizia, invece, la legge ucraina non è applicabile al loro caso. Non in virtù del bambino, pre-riconosciuto come futuro cittadino tedesco prima ancora di nascere e allontanato da Kiev subito dopo la nascita. Lo stesso vale per i ricorrenti: un soggiorno meramente temporaneo in un altro stato non stabilisce una residenza abituale, hanno ancora osservato i giudici. Che, per tutelare l’interesse del piccolo a restare nel suo ambiente famigliare e sociale, hanno allora aperto la strada dell’adozione, senza peraltro chiarire se ne esistano i presupposti giuridici. Lo conferma la circostanza che nel pronunciarsi a favore dell’ipotesi adozione i giudici di Cassazione non hanno, per esempio, tenuto in considerazione l’età della madre. La procedura d’adozione in altre parole non è stata avviata dalla Cassazione né tantomeno si è conclusa con successo.

 

In Germania l’effetto delle decisioni della Corte federale di giustizia è vincolante solo per il singolo caso in esame: non si può quindi asserire che la Cassazione abbia messo la parola fine alla pratica della maternità surrogata da parte di coppie tedesche. Tanto più che in passato il massimo tribunale tedesco si era espresso in senso contrario, stabilendo che i donatori dei gameti, in un caso anche una coppia gay con figlio nato in California, erano i genitori del figlio. In quel caso però, il Bundesgerichthof non si era limitato a registrare un certificato di nascita ma aveva fatto propria la sentenza di un tribunale americano. Una scelta in linea con una prassi consolidata della giurisprudenza tedesca, sempre che la decisione della corte straniera non sia manifestamente incompatibile con i principi essenziali del diritto tedesco. Allo stesso tempo è vero che le sentenze della Cassazione sono tenute in grande considerazioni dalle corti di appello. Tanto più in in un paese come la Germania, forse l’unico in Europa, dove manca una legge sulla fecondazione assistita e, in materia, si procede proprio a colpi di sentenza.