Foto Jon Gilbert Leavitt via Flickr

L'identità sessuale degli adolescenti nelle mani dell'Agenzia del farmaco

Alfredo Mantovano

Carenza di studi clinici, i dubbi sullo sviluppo cerebrale, il riprisitino della fertilità, la questione (legale) del consenso del minore. Il via libera alla molecola Trp che blocca lo sviluppo puberale pone diverse domande. Tutte ancora senza risposta

Può il dirigente di un’autorità amministrativa con un proprio atto affrontare delicatissime questioni che coinvolgono beni di rilievo costituzionale, fondati su convenzioni internazionali ed europee, che interessano diritti personali e familiari e la protezione dei minori, saltando a piè pari Parlamento e governo? Pare una domanda retorica, ma quanto accaduto da parte dell’Aifa – l’Agenzia del farmaco – con la copertura di un parere positivo del Cnb-Comitato nazionale di bioetica, mostra il contrario. La vicenda è nota: con determina del 25 febbraio 2019 il dirigente dell’area pre-autorizzazioni dell’Aifa ha inserito la molecola Trp-triptorelina fra i medicinali erogabili a carico del servizio sanitario nazionale. La Trp potrà essere somministrata, sotto stretto controllo medico, ad adolescenti ritenuti affetti da Dg-disforia di genere, al fine di procurare loro un blocco temporaneo, fino a un massimo di qualche anno, dello sviluppo puberale, con l’ipotesi che ciò “alleggerisca” in qualche modo il “percorso di definizione della loro identità di genere”.

 

Nel novembre 2018 Scienza & Vita e il Centro studi Rosario Livatino, dopo aver svolto un workshop a più voci sul tema, avevano inviato una lettera contenente una serie di riserve ad Aifa, rimasta tuttavia senza risposta. Importa ancora di più che siano rimaste inevase le questioni sollevate con quel documento:

a) il cosiddetto farmaco viene immesso nell’elenco del Ssn in carenza di studi clinici e di follow-up a lungo termine;

b) la motivazione principale che ha spinto il Cnb a dare parere favorevole è la sofferenza del minore con Dg, per il timore di intenzioni suicidarie. Peccato che manchi qualsiasi evidenza scientifica che il Trp sia il trattamento elettivo per queste situazioni: il punto non risolto è se la somministrazione di Trp cristallizzi o meno il quadro clinico, stabilizzando l’identificazione del/della ragazzo/a nell’altro sesso e non consentendo la strutturazione di un’identità sessuale secondo il proprio sesso di appartenenza. E con esso la mancata considerazione del ruolo che gli ormoni sessuali hanno nello sviluppo cerebrale durante la pubertà: il blocco della pubertà, e quindi anche degli ormoni sessuali, potrebbe compromettere la definizione morfologica e funzionale di quelle parti del cervello che contribuiscono alla strutturazione dell’identità sessuale insieme con i fattori ambientali ed educativi;

c) è perciò alto il rischio, adoperando la Trp per bloccare la pubertà fino a 4 anni circa – dai 12 ai 16 anni d’età –, di indurre farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore;

d) non esistono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel sesso di appartenenza.

  

Resta poi irrisolta la questione del consenso all’uso del farmaco, vista la scarsa consapevolezza di adolescenti e preadolescenti circa le proprie potenzialità procreative: una questione che il Comitato nazionale di bioetica ha definito “punto critico”, sottolineando che va salvaguardata la libertà del minore. Qui la mancanza di risposte è radicale: poiché la capacità di agire resta sempre al compimento della maggiore età, come faranno i medici a garantire che il consenso di un pre adolescente cui si intenda somministrare la Trp sia “libero e volontario”? Che cosa accadrà se i genitori vorranno procedere con la “cura” e il minore no, o il contrario, o in caso di conflitto fra genitori? Potrà il genitore esprimere l’assenso a un atto di disposizione del corpo altrui, in evidente contrasto con l’ordinamento vigente?

 

Torno al quesito di partenza: tutto questo può essere lasciato a una “determina” di un pur rispettabile dirigente amministrativo? Al di là della soluzione da adottare, governo e Parlamento – nel primo in special modo coloro che hanno le deleghe alla salute e alla famiglia e nel secondo le varie commissioni infanzia e minori – condividono che decisioni così delicate non siano precedute da una “trasparente” e ragionata ponderazione dei diritti e dei beni coinvolti?