Una manifestazione a sostegno del biotestamento (foto LaPresse)

Nel silenzio più totale la Camera sta introducendo il suicidio assistito

Redazione

Mentre i media sono concentrati sulle polemiche della maggioranza la legge sul biotestamento prosegue il suo iter. E scivola pericolosamente verso l'eutanasia 

Mentre tutta l’attenzione dei media era concentrata sull’elezione imprevista di un presidente della commissione senatoriale che si occupa di affari costituzionali, alla camera avanza inesorabilmente la legge pudicamente chiamata di regolamentazione del fine-vita, che scivola progressivamente verso l’eutanasia. Su proposta della democratica Maria Armato, è stato sancito che “sono da considerarsi trattamenti sanitari … la nutrizione artificiale e la idratazione artificiale”, che quindi possono essere sospesi in base a una dichiarazione preventiva del paziente, il cosiddetto testamento biologico. Anche la richiesta di permettere al medico, in casi specifici, di non ottemperare alla richiesta di far morire di sete il paziente è stata bocciata. La norma si applica anche a chi non è malato terminale, il che significa che non morirebbe di malattia, ma proprio per l’interruzione dell’idratazione. È difficile sostenere che ci sia una differenza sostanziale tra questo e il suicidio assistito. Per ora non si è presa una decisione definitiva sull’altro metodo, quello della sedazione profonda, che, se imposto da una decisione preventiva del paziente e non sottoposto a un vaglio da parte del medico, diventa un’altra forma di eutanasia.

 

 

Al di là degli aspetti politici, del fatto che anche su questo tema si è creata una maggioranza diversa da quella di governo esattamente come nel caso della commissione senatoriale, il comportamento del Pd, che alla camera dispone della maggioranza assoluta, appare assolutamente spregiudicato. Si continua a dire che la legge non introduce il suicidio assistito, ma poi si compiono scelte di merito che fanno saltare tutte le cautele.

 

 

 

Si è partiti dalla ragionevole esigenza di impedire accanimenti terapeutici, di consentire cure palliative che riducano la sofferenza, per arrivare a consentire, anzi a obbligare il medico a interrompere l’idratazione e a somministrare farmaci mortali, che in sostanza sono veleni, anche a pazienti che non sono in una fase terminale. Si è imboccata questa strada sostenendo che in questo modo si afferma la libertà personale e si realizza un nuovo “diritto civile”. Tutto quello che si oppone a questa deriva è considerato un cascame di visioni religiose superate e arcaiche.

 

 

 

Non è affatto così. La difesa del principio di intangibilità della vita e di unicità della persona, che è contenuto nella costituzione e in tutte le dichiarazioni dei diritti umani, non è una battaglia “arretrata”, mentre il cedimento a una concezione totalmente individualistica del “diritto” al suicidio apre prospettive di disumanizzazione della convivenza civile che non possono essere trascurate, indipendentemente dalla fede religiosa. Far passare questa degradazione civile per affermazione di diritti umani è davvero paradossale.