Giuseppe Orsi (foto LaPresse)

Quattro mosse per evitare altre condanne agli innocenti

Roberto Maroni

Soddisfazione per l’assoluzione di Giuseppe Orsi ma la sua carriera e la sua vita, nel frattempo, sono state devastate

Che gioia leggere la notizia dell’assoluzione di Giuseppe Orsi dalle infamanti accuse mossegli dai pm in anni recenti. Scaraventato in una lurida cella (lui innocente), destituito dal vertice di Finmeccanica (lui innocente), strappato all’affetto dei suoi cari (lui innocente). Tutto finito, assolto. Gioia per una persona onesta e capace, che ha finalmente ritrovato giustizia e onore. Ma anche rabbia, per la mancanza di sanzioni nei confronti di chi l’ha torturato: una tortura contro persone oneste, arrestate e poi assolte, ti distrugge la reputazione, il fisico e la psiche. E’ capitato a lui, può capitare a chiunque. Che fare? Quattro cose: separazione delle carriere; una vera responsabilità civile dei magistrati; eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale, un’ipocrisia; riportare le indagini preliminari a polizia e carabinieri. Perché finora non si è fatto? Per una sorta di conformismo on-the-road degli ultimi guardasigilli: “Dobbiamo andare e non fermarci mai – Per andare dove? – Non lo so, ma dobbiamo andare”. Da ultimo il ministro Orlando, più “innamorato” che “furioso”: con lui la situazione per gli onesti è addirittura peggiorata, se fai il sindaco – ad esempio – da oggi sei considerato un presunto mafioso. Nel prossimo governo vorrei finalmente un ministro della Giustizia con gli attributi, che non abbia paura dell’Anm e non si pieghi come un giunco al primo spirar di polemica. Un sogno? Perché no: “Il futuro appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni”. Stay tuned.

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