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bandiera bianca

Il rischio di iniziare a trasferire ministeri a Milano

Antonio Gurrado

Il capoluogo lombardo sarebbe perfetto per ospitare non solo i dicasteri riproposti da Matteo Salvini ma anche le istituzioni già presenti nella Capitale. Siamo sicuri che alla lunga sarebbe un vantaggio per la città?

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Amo Milano di amore commovente, quindi non posso che guardare con favore alla proposta di trasferirci, come ha suggerito Salvini, il ministero dell’Innovazione. Non sorprende che accademici e professionisti stiano supportando l’idea: vi viene in mente una città italiana più innovativa di Milano, dai quartieri generali dei Big Tech allo skyline che cambia a vista d’occhio? Certo, sarebbe forse il caso di trasferirci anche il ministero del Lavoro, poiché non c’è città più laboriosa di quella in cui, come diceva Bianciardi, pagano uno che scava una buca per poter pagare un altro che la riempia. E il ministero dello Sviluppo economico, non lo mettiamo nella città più sviluppata d’Italia? Probabilmente converrebbe trasferirci anche il ministero dell’Economia: in fondo Piazza Affari è lì e i soldi pure.

 

Ci terrei ad aggiungere il ministero della Cultura, non solo per l’alta concentrazione editoriale ma anche perché, mentre altrove sono ancora fermi alla visita guidata al museo, Milano è in grado di trasformare in cultura tutto quel che tocca: l’avrete letto “Terrazzo” stamattina, sono riusciti a fare una mostra superfashion sui freni. No, dico, i freni. Un sistema sanitario formidabile fa meritare a Milano il ministero della Salute. Organizzazione capillare e gestione della sicurezza la fanno essere ideale per il ministero dell’Interno. E se mi dite una città altrettanto porto di mare, in cui si parli inglese anche al tavolino del bar, ci mettiamo il ministero degli Esteri. Ecco, vedete a quali eccessi mi spingono i sentimenti. Amo Milano così tanto da volerci trasferire ogni ministero. Ma la amo al punto da temere che, con tutti questi ministeri, un giorno possa svegliarsi trasformata in Roma.

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