L'autoritratto di Frida Kahlo battuto per 35 milioni di dollari a New York (Ansa)

bandiera bianca

Privatizzare Frida Kahlo

Antonio Gurrado

Con un dipinto battuto a 35 milioni di dollari, l'artista messicana è diventata la più quotata del Sudamerica

Un gender pay gap d’eccezione è stato ripianato ieri, quando un dipinto di Frida Kahlo è stato battuto da una casa d’aste a trentacinque milioni di dollari. In questa maniera Frida Kahlo è diventata l’artista più quotato del Sudamerica, superando proprio suo marito Diego Rivera; saranno contente le femministe, forse un po’ meno Frieda Kahlo che da quasi settant’anni si trova sottoterra.

   

Direi che sulla bruttezza delle opere di Frida Kahlo siamo tutti d’accordo, a parte chi è molto femminista o molto miope, quindi non è peregrino arguire che la quotazione raggiunta dall’opera sia dovuta più alla riconoscibilità di Frida Kahlo e al suo valore simbolico – al marchio di successo, per così dire – che al valore intrinseco. Ed è questa smania di impossessarsi di un simbolo facilmente riconoscibile dal grande pubblico che avrà spinto un riccastro argentino a scucire i trentacinque milioni: in fondo è il vero aspetto positivo della faccenda.

    

Speriamo che da qui si scateni una corsa all’emulazione, con tycoon di tutto il mondo disposti a sborsare cifre sempre più elevate pur di accaparrarsi ogni centimetro quadrato esistente dipinto da Frida Kahlo, rendendola così l’artista più quotata della storia e rinchiudendola in inaccessibili collezioni private. Sarebbe un’ottima notizia sia per le femministe sia per chi ci vede ancora bene.

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