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BANDIERA BIANCA

Vendere i vestiti online? Meglio darli ai poveri

Antonio Gurrado

Fare soldi facili con i siti che rivendono gli abiti dismessi è un'operazione a perdere. Ma c'è un modo per guadagnarci molto di più 

Curioso senso del guadagno ha quella pubblicità che di tanto in tanto m’insegue quando accendo la tv, invitandomi a far soldi facili e come? Vendendo i miei vestiti. In assoluta, quasi provocatoria controtendenza rispetto a una plurisecolare tradizione che vuole nel commercio dei propri abiti il grado infimo della disperazione, non per questo necessariamente priva di dignità: quando si vende la giacca per comperare l’abbecedario a Pinocchio, Geppetto dichiara di averlo fatto “perché mi faceva caldo”. Eppure dalla réclame questi siti, o app, o non ho capito bene, in cui volendo posso mettere all’incanto le mie braghe o lo stesso maglione il cui gomito sto consumando or ora sulla scrivania, vengono inoppugnabilmente visti come convenienti in base al ragionamento: se non lo metti più, vendilo online. Fatto sta che il capo d’abbigliamento dalla cui vendita dovrei guadagnare è stato previamente acquistato a un costo superiore a quello cui potrei mai venderlo (a meno di non rivolgermi a un pubblico specializzato di feticisti dei miei miasmi); ergo dall’operazione uscirei con sensazione di perdita, avendoci smenato dei soldi in cambio del rimpianto di non poter indossare più ciò che mi ha fruttato i pochi spiccioli di uno sconosciuto. Ah si potesse vendere impunemente gli abiti di coniugi e coinquilini, genitori e vicini di casa, quella sì sarebbe una transazione remunerativa! Ma non si può, quindi i miei abiti dismessi li do ai poveri, e ho l’impressione di guadagnarci molto di più.