La statua di Chuirchill con un graffito "era razzista" davanti a Westminster - Chris J Ratcliffe/Getty Images 

bandiera bianca

Ribattezziamo la cancel culture “analfabetismo etico"

Antonio Gurrado

La tendenza a un mondo-limite in cui non guardiamo niente, non visitiamo niente, non ascoltiamo niente, non leggiamo niente poiché nulla soddisfa requisiti morali minimi

In quest’epoca in cui va di moda cambiar nome alle cose, propongo di ribattezzare la cancel culture “analfabetismo etico”. Mi spiego. Come sapete ci sono al mondo vari tipi di analfabetismo. C’è quello puro e semplice di chi non ha mai imparato a leggere e scrivere, quindi non ha mai potuto accedere alla conoscenza. C’è l’analfabetismo di ritorno, ovvero quello di chi ha acquisito una conoscenza ma, mancando di esercitarla, è retrocesso allo stato primitivo. Poi ci sono quelli che detengono una conoscenza ma di fatto non sanno utilizzarla, ossia gli analfabeti funzionali che leggono un testo senza accorgersi di non capirlo.

 

 

I fautori della cancel culture detengono conoscenza, la esercitano, sanno utilizzarla ma individuano casi in cui tale conoscenza va eliminata, occultata, trasformata in tabù poiché non soddisfa requisiti morali minimi. Non leggiamo quel romanzo perché l’autore è un porco. Non raccontiamo quella fiaba perché è diseducativa. Non ascoltiamo quella musica perché il compositore evadeva le tasse. Non visitiamo quel museo perché è finanziato da un turbocapitalista. Non guardiamo quel film perché il tecnico delle luci ha dato uno scapaccione al figlio.

 

Perché la cancel culture non perda efficacia, questi requisiti morali minimi devono venire via via spostati più in là; così che la cancel culture tende a un mondo-limite in cui non guardiamo niente, non visitiamo niente, non ascoltiamo niente, non leggiamo niente. Non perché non siamo capaci o non ce l’abbiano insegnato o non ci siamo esercitati abbastanza, ma perché non ci sembra moralmente accettabile. E vissero tutti felici e ignoranti.

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