ANSA/ SIMONE VENEZIA 

Bandiera Bianca

Dove ricercheremo fra un secolo lo spirito dei nostri autori contemporanei

Antonio Gurrado

È il centenario del trasferimento di d’Annunzio al Vittoriale. Degli scrittori di oggi, fra cent'anni, visiteranno appartamenti striminziti, scaffali dell’Ikea, locandine di presentazioni davanti a sedici sedie vuote

Cade il centenario del trasferimento di Gabriele d’Annunzio al Vittoriale degli Italiani, all’epoca ancora villa di Cargnacco, e per fortuna da qualche giorno è possibile tornare a visitare il Vate in loco: il corpo è morto nel 1938 ma il suo spirito è ancora lì, fra decorazioni e cimeli. Più preoccupante invece, a giudicare dallo stato attuale delle lettere patrie, è la prospettiva di cosa visiteremo fra cent’anni, di dove ricercheremo fra un secolo lo spirito dei nostri autori contemporanei.

  

La domesticità degli scrittori si è rattrappita, umiliata, volatilizzata. Non c’è nessuno che si monti in casa la prua di una nave o un motoscafo antisommergibile, né faccia erigere delle stele commemorative in un boschetto di Magnolie, come fece d’Annunzio, poiché l’eroismo ormai annega nello scetticismo e i proventi editoriali consentono metrature molto più limitate, al massimo un balconcino coi gerani.

  

Non c’è nessuno che per mero collezionismo acquisti il pianoforte di Liszt né chiami Giò Ponti per rifare i bagni né riceva tête-à-tête Nitti e Mussolini, come fece d’Annunzio, poiché dallo sfarzo gli scrittori si sono convertiti alla funzionalità, mentre i leader politici li ignorano o li confondono fra loro.

 

Non c’è nessuno che commissioni capricciosamente infinite statue a Renato Brozzi, né faccia progettare strade apposite per raggiungere più rapidamente Venezia, né doni l’intero Vittoriale al popolo italiano, come fece d’Annunzio, poiché gli scrittori guardano al popolo con ricambiato sospetto, bramano regredire allo stato di natura per timore di non sembrare abbastanza progressisti e, soprattutto, evitano come la peste di finanziare un altro artista in quanto sanno che la creatività oggi è ridotta a guerra fra poveri. Quindi, fra cent’anni, cosa visiteremo? Appartamenti striminziti, scaffali dell’Ikea, locandine di presentazioni davanti a sedici sedie vuote, estratti conto periclitanti, screenshot di bacheche social su cui è stato eroicamente abbracciato l’hashtag del momento?

 

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