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Bandiera bianca

Prigionieri delle percezioni, sovrani indiscussi della propria bolla

Antonio Gurrado

L'insormontabile solipsismo che nei social network trova terreno fertile ed enorme soddisfazione, in un mondo in cui il soggettivo è oggettivo e viceversa. La confusione dei due piani e le conseguenze politiche

È stato sufficiente un pronome monosillabo a trasformare una possibile condanna in assoluzione certa. Un deputato della Lega – leggo sul dorsetto bergamasco del Corriere – è stato assolto dall’accusa di vilipendio ai danni del Capo dello Stato dopo averlo definito (altri tempi) “un presidente che mi fa schifo”. Le motivazioni del Gup hanno individuato nella locuzione mi quanto basta a ridurre l’espressione da insulto a mera opinione personale; altro sarebbe stato dire che “il presidente fa schifo”, in quanto avrebbe espresso una valutazione oggettiva, anziché una considerazione soggettiva. Non metto bocca nella questione giuridica né in quella politica; m’interessa la questione teoretica.

 

Distinguere nettamente i piani soggettivo e oggettivo in base a un pronome di prima persona non tiene presente il dato di fatto che ciascuno di noi è prigioniero delle proprie percezioni: se dico che piove, sottintendo “mi sembra che piova”, “mi pare proprio che piova”, perché piove su di me e attorno a me; se dico che il tè mi fa schifo, implico che il tè faccia schifo in generale, poiché l’unico gusto che conosco del tè è quello che provo io, né saprò mai se nelle bocche altrui possa avere un sapore differente, magari addirittura accettabile. L’insormontabile solipsismo connesso alla percezione trova oggi enorme soddisfazione nella sfera dei social, dove ognuno è sovrano indiscusso e giudice monocratico della propria bolla, in cui il soggettivo è oggettivo e l’oggettivo è soggettivo. Questa inevitabile confusione dei piani ha evidenti conseguenze politiche.

 

Da un lato il “secondo me” assurge più a garanzia di schiettezza rivelatrice che a valore ipotetico, quindi ogni opinione personale viene espressa con pretesa di oggettività – e ne ha, poiché in quella bolla costituisce la verità assoluta. Dall’altro, ogni perentoria asserzione oggettiva presume una prospettiva parziale. Ad esempio, quelli che dicono “Trump ha vinto” intendono dare valore universale al sottinteso “Mi sembra che Trump abbia vinto”, “Sono convinto che Trump abbia vinto”; al contempo, intendono ridurre a parere personale, frutto di inganno o di complotto, la considerazione apparentemente oggettiva secondo cui “Ha vinto Biden”. Mi sembra impossibile distinguere il piano soggettivo da quello oggettivo basandosi soltanto su un pronome, “io”, che ormai vuol dire “tutti”.

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