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bandiera bianca

Il WWF dovrebbe cambiare animale da salvare: l'uomo

Antonio Gurrado

Una domenica di novembre durante la seconda ondata della pandemia e l'ostinazione gli attivisti con il panda sulla pettorina ad occuparsi ancora degli animali

Mi ha fermato il WWF. Era un’apocalittica domenica ai tempi della seconda ondata di virus. Gruppuscoli di bipedi si aggiravano sparuti fra le serrande abbassate; i più temerari impetravano miseri caffè d’asporto ai bar socchiusi, i disperati assalivano gli alimentari perché si erano dimenticati di fare la spesa per pranzo, qualcuno, da un lato all’altro della strada, latrava a qualcun altro perché si era abbassato la mascherina per fumare una sigaretta. Ovunque si circolava gettando terrorizzate occhiate tutt’attorno, nel timore di star inavvertitamente trasgredendo una qualche direttiva, sfuggita nel cumulo di ordinanze e contrordinanze, e di venire puniti all’improvviso dalla mano invisibile di un padrone numinoso. Alcuni dormivano ancora sui marciapiedi, altri chiedevano spiccioli in giro, ma nessuno si avvicinava per timore del contagio. Mi ha fermato il WWF, incarnato da un ragazzo col panda sulla pettorina, e mi ha chiesto se volessi fare qualcosa per salvare gli animali. Gli ho risposto che mi sembrava a dir poco moralmente discutibile pensare agli animali nel momento in cui c’era da salvare le persone, e che gli animali saranno carini quanto vogliamo ma sono gli uomini che civilizzano, producono, progrediscono e intrattengono. Ho proseguito sulla mia strada mentre, attorno a me, i bipedi continuavano a trasformarsi in bestie costrette solo a far fatica, a procacciarsi nutrimento e a guardarsi dalle aggressioni altrui; senza nessuna associazione di volontari che raccogliesse firme contro l’estinzione del nuovo panda, l’uomo.

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