Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 

Bandiera Bianca

Tra piacere e svago. L'anti coprifuoco di Charles Fourier

Antonio Gurrado

Nell'utopica Armonia del filosofo francese gli abitanti dormivano tre ore a notte; ogni giorno era volto a soddisfare il desiderio. Non potendo sottrarci la vocazione al piacere, oggi la politica ci toglie la concessione dello svago

Come futuro presidente della Regione mi piacerebbe Charles Fourier, nonostante due difetti: è morto nel 1837 e soprattutto è francese. Sul coprifuoco però ci vedeva giustissimo e, nell’utopica Armonia che aveva disegnato, esigeva che il falansterio prendesse vita già alle tre e mezzo del mattino. A partire da quell’ora, fin quasi a mezzanotte, gli abitanti del falansterio erano tenuti a svolgere il proprio ruolo sociale che, in Fourier, coincideva in tutto e per tutto col piacere, ossia con lo svolgimento delle azioni necessarie (lavoro compreso) per soddisfare il proprio desiderio. Desiderio attenzione, e non bisogno: ragion per cui anche il lavoro, non essendo sottoposto al micragnoso computo di costi e benefici, sacrifici e bonus, rientrava nella normale attività dell’uomo che s’industriava per realizzare il proprio piacere.

 

Allo stesso modo, quella cosa orribile che oggi chiamiamo tempo libero, e che c’illudiamo di sfruttare a nostro piacimento, in Fourier non esisteva poiché ogni giornata era interamente volta al piacere quindi, per contrasto, non poteva esserci nemmeno un tempo schiavo, come quello cui noi dedichiamo chissà quante ore al giorno. Per questo nel falansterio si dormiva poco e per questo, lungi dallo stabilire coprifuoco dalle ventitré alle cinque, Fourier tirava giù dal letto i suoi immaginari cittadini a ora antelucana: perché tutta la vita dell’uomo veniva destinata al piacere, quindi c’era fretta di vivere.

 

Ma Roland Barthes nota che viviamo in una società fourierista degenerata, un falansterio distopico in cui al concetto di piacere è stato sostituito il più innocuo concetto di svago, fingendo di ignorare un dettaglio: il piacere è il fine incoercibile e innegabile della vita umana, mentre lo svago è un intermezzo che serve a non farci andare di traverso gli obblighi che interrompe. Da questa concezione, ne sono certo, deriva il criterio in base a cui alcune Regioni hanno imposto il coprifuoco notturno a meno che si stia svolgendo un’attività lavorativa o una qualsiasi altra necessità penitenziale.

 

La questione infatti non è se il virus sia più pericoloso di notte; la questione è che, non potendo sottrarre all’uomo la vocazione al piacere, la politica cerca di sottrargli la concessione dello svago, sia di notte sia di giorno (ricordatevi che non molto tempo fa un Dpcm consentiva l’attività sportiva a patto che non fosse ludica: era consentito far fatica, insomma, a patto di non divertirsi). E dove il piacere è stato sterilizzato in svago, dove il senso della vita viene ridotto a diversivo a intermittenza, allora altro che Fourier ci vuole per farci alzare e uscire alle tre e mezzo del mattino: meglio rassegnarsi e dormire o, peggio ancora, guardare la tv.

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