Riccardo Ricciardi (LaPresse)

Il Che Guevara di massa (con la minuscola)

Antonio Gurrado

Quando ho sentito che il deputato a cinque stelle Ricciardi era soprannominato “il Che Guevara di Massa”, le mie orecchie non hanno colto l’iniziale maiuscola quindi i miei occhi hanno visto ergersi in lui un nuovo archetipo della politica

Tutta colpa dell’udito che ha tradito la vista. Quando ho sentito che l’ormai famigerato deputato a cinque stelle Ricciardi era soprannominato “il Che Guevara di Massa”, le mie orecchie non hanno colto l’iniziale maiuscola quindi i miei occhi hanno visto ergersi in lui un nuovo archetipo della politica, il Che Guevara di massa.

 

Il Che Guevara di massa (un po’ come il Superuomo di massa di Umberto Eco) è una proiezione collettiva che fa identificare il popolo in una figura rivoluzionaria che si fa carico delle sue frustrazioni e le vendica, che trasforma in forza le sue debolezze, che assurge a icona pur essendo totalmente qualunque; il Che Guevara di massa difetta di eroismo o ideologia ma trasforma la vox populi in urlo e rutto, il sentito dire in verità rivelata, le strategie retoriche più corrive e volgari in inoppugnabili sillogismi politici. Del resto una certa vena guevarista nel grillismo non manca, da Dibba in giù; e cos’è più grillino della leggenda secondo cui il Che si offrì come presidente della Banca nazionale di Cuba perché, quando Fidel Castro aveva chiesto “C’è qualche economista, qui?”, lui aveva capito “C’è qualche comunista”? La selezione della classe dirigente nel Movimento è lievemente meno sofisticata di così.

 

Ma quando poi la mia vista ha ripreso il sopravvento sull’udito e ho visto l’iniziale maiuscola, ho visto il deputato Ricciardi espettorare le proprie argomentazioni non dalle popolarissime bacheche social ma in un nobile emiciclo, quando l’ho visto poter disporre di una diretta televisiva per essere redarguito da Enrico Mentana, quando l’ho visto indossare giacca e cravatta in luogo di divisa e berretto, quando ho visto l’indebito spazio che i giornali hanno riservato alla sua intemerata da bar, quando ho letto che di mestiere faceva il registra teatrale, non proprio un lavoro da bassifondi, allora mi sono reso conto del mio errore: evidentemente non era il Che Guevara di massa, era il Che Guevara d’élite.    

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